27/08/2014

Violenza: basta il “consenso” per giustificarla?

Si sente spesso difendere sesso estremo e perversioni varie con la scusa che “il fatto avviene tra adulti consenzienti“.

Il Canadian Centre for Bio Ethical Reform di Jonathon Van Maren, però, ci fa riflettere in un recente articolo sul fatto che il consenso possa non essere in realtà sempre tale. In altre parole, solo perché qualcuno acconsente a qualcosa o permette che accada qualcosa, allora si esclude automaticamente che ci sia all’origine un abuso o una vera e propria violenza. Ma è sempre vero?
Quando qualcuno acconsente ad essere picchiato, schiaffeggiato, frustato, chiamato con nomi disgustosi e degradanti, la cosa in sé cessa di essere un abuso? Sarà legale (forse), ma certamente non è in sé meno disgustoso o violento.

Chi lavora con le vittime di violenza domestica sa bene che spesso esse stesse permettono che succeda, acconsentono o si sottomettono ad abusi e violenze, per vari motivi più o meno nascosti, più o meno profondi. Ma le violenze restano e sono – giustamente – severamente punite quando vengono provate davanti a un giudice.


Invece, quando si tratta di sesso, allora scatta il ragionamento “due adulti consenzienti”, dei quali va preservata la radicale “libertà”.

Oggi con questo ragionamento si giustifica prostituzione (anche se sappiamo bene che la maggioranza delle prostitute non sono – almeno all’inizio della loro “carriera” – perfettamente consenzienti) e pornografia.

Domani il “consenso” servirà a giustificare i pedofili. (Già la Corte di Cassazione italiana, nel dicembre 2013, ha concesso le attenuanti a un porco ultrasessantenne trovato a letto con una ragazzina di 11 anni, perché c’era ... l’amore).

Francesca Romana Poleggi

 

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