30/07/2019

Cnb sul suicidio assistito, conta più la vita o l’autodeterminazione?

L’Ansa ci informa del fatto che «Il Comitato Nazionale di Bioetica ha pubblicato il primo parere sul suicidio medicalmente assistito, distinto dall’eutanasia».

Quest’ultima, spiega l’articolo «È l’infusione di un farmaco che interrompe, in maniera rapida e indolore, la vita del malato che lo richiede. A compiere il gesto di somministrare la sostanza letale è una persona terza». Ma che si tratti di una pratica “indolore” non è per niente detto. Numerose testimonianze affermano il contrario, descrivendo, piuttosto, l’agonia cui molti pazienti vanno incontro.

Diverso, invece, sarebbe il caso del suicidio assistito, il quale consisterebbe nell’«aiutare un soggetto che chiede di porre fine alla propria vita, ma in cui è lui stesso ad assumere un farmaco letale», come DJ Fabo. Ricordiamo dunque che, quand’anche fosse il paziente stesso a compiere l’atto finale, c’è pur sempre qualcuno che lo ha preparato e che ha messo l’aspirante suicida in condizione di togliersi la vita.

Dunque, il Comitato Nazionale di Bioetica avrebbe avvertito «l’esigenza di fare chiarezza, distinguendo il suicidio assistito dall’eutanasia e fornendo elementi utili ad affrontare un dibattito molto difficile e delicato insieme all’esigenza di “;conciliare i due principi, così rilevanti bioeticamente, della salvaguardia della vita umana da un lato, e dell’autonomia e dell’autodeterminazione del soggetto dall’altro”».

Ma l’autonomia di un individuo è forse più importante della sua vita? Vita ed autonomia sono forse due beni da considerarsi alla pari? È autonomia autentica e libera quella di una persona che sceglie di togliersi la vita, o è, piuttosto, condizionata dalla particolare situazione di sofferenza che questa sta attraversando?

Sull’autodeterminazione, poi, ci sarebbe un lungo capitolo da aprire. Come spiegavamo, infatti, per quanto riguarda il bene della vita non è possibile parlare di autodeterminazione, proprio perché si tratta di un bene indisponibile e che «non può essere oggetto di consenso».

Per noi di Pro Vita & Famiglia, dunque, il diritto alla vita è e resta sempre il primo di tutti i diritti e quello da cui gli altri (veri) diritti dipendono. Equipararlo o subordinarlo ad un altro può solo finire per negarli, prima o poi, tutti.

Luca Scalise

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