30/11/2018

Eutanasia, M5s accelerano ma non è nel contratto di governo

Non bastavano le pressioni pro eutanasia della Consulta sul Parlamento. Adesso anche uno dei due partiti di governo, il Movimento 5 Stelle, starebbe per scendere in campo a favore della “dolce morte”. Questo, almeno, traspare da alcune voci trapelate in questi giorni secondo cui i pentastellati sarebbero intenzionati a ripescare la proposta di legge di iniziativa popolare del 2013 sul fine vita, presentata al presidente della Camera Roberto Fico dai promotori, Mina Welby e dagli altri rappresentanti dell’associazione Luca Coscioni.

Addirittura, stando ai bene informati, alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle starebbero pensando a come accelerare su questo versante, con l’intenzione di aprire un dibattito congiunto della Commissione Giustizia e Affari sociali di Montecitorio per discutere sui tempi sull’eutanasia nei primi giorni di dicembre. Sarebbero inoltre stati individuati i redattori di un testo base affinché, riprendendo la citata proposta di legge di iniziativa popolare, ne attuino delle modifiche che possano risultare gradite tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama.

Lo stesso Di Maio, pare di capire, non sarebbe contrario a un confronto sul tema, con una nuova legge sull’eutanasia che, se tutto va bene (o male, secondo noi) sarebbe varata addirittura entro l’estate del 2019. Ora, quanto c’è di vero in queste indiscrezioni di palazzo? L’esperienza insegna che ci troviamo di fronte a un quadro politico, specie in Italia, in continuo e repentino mutamento; dunque che una pattuglia di parlamentari pentastellati possa essere all’opera per introdurre l’eutanasia nel nostro ordinamento – tanto più dopo il pressing della Consulta – è non solo possibile, ma addirittura probabile. Ben diverso è però lo scenario governativo.

Se infatti da un lato, come poc’anzi detto, appare probabile la mobilitazione di una frangia interna del Movimento 5 Stelle a favore della “dolce morte”, dall’altro è assai più dura che i vertici del partito possano fare altrettanto. Anzitutto perché l’eutanasia non è nel contratto di governo. In secondo luogo, perché difficilmente l’elettorato capirebbe l’attenzione dedicata al tema del fine vita qualora, appunto, il programma dell’esecutivo gialloverde non fosse prima stato realizzato. Infine, che Luigi Di Maio si impunti sull’eutanasia è improbabile perché questo significherebbe porre fine al suo governo, dato che la Lega è nettamente contraria.

Rimane, tuttavia, che pure queste valutazioni potrebbero essere sconfessate da una piega imprevista che le dinamiche parlamentari potrebbero prendere; non dimentichiamo, infatti, che anche il Pd è favorevole alla “dolce morte”, per un disegno di legge sul quale, a breve, sarà convocata un’apposita conferenza stampa. È vero anche che il Pd, a sua volta, non pare intenzionato a fare di quella per l’eutanasia una propria battaglia centrale nei prossimi mesi. Ma il popolo pro life può essere rassicurato dallo scenario politico che si sta delineando?

Decisamente no. E non solo perché il Movimento 5 Stelle è un partito che, in questi anni, ha fatto dell’imprevedibilità la propria cifra politica, ma anche perché in Parlamento esistono – come appena detto – frange in partiti come il Pd e pure Forza Italia (nella sua componente più laica e liberale, perlomeno) che, rispetto a un tema complesso e rischioso come quello del fine vita, potrebbero rivelarsi pericolosamente permeabili. Senza dimenticare, poi, che i radicali hanno contatti amici praticamente ovunque. Come su altri versanti etici, anche su quello dell’eutanasia conviene insomma tenere alta la guardia. Decisamente.

Giuliano Guzzo

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