21/12/2017

Eutanasia – Siamo solo all’inizio della deriva

La legge sul testamento biologico introduce l’eutanasia in Italia: in un Paese che si dice civile, nel 2017, avremo persone che verranno lasciate morire di fame e di sete e tanti minori e incapaci che verranno uccisi solo perché “non perfetti” (anche se la scusa ufficiale sarà che “poverini quanto soffrono”, la loro “vita non è degna di essere vissuta”: anzi ad ammazzarli si fa loro un piacere, come a Charlie Gard).

Sia chiaro: soffrire non piace a nessuno. E, soprattutto nel momento della prova, capire il senso della croce che si è chiamati a portare può non essere facile, anzi. Ci si scoraggia, ci si ribella, si chiede – se si crede – a Dio il perché di questa prova... salvo poi, una volta passata la tempesta, rileggere gli eventi e capire che anche quelle difficoltà hanno avuto un significato. Questa constatazione fa parte della vita di ognuno di noi. Pensiamo, per fare un esempio banale, al sacrificio che bisogna fare per allenarsi in vista di una partita di calcio: bisogna correre, magari al freddo o sotto l’acqua, fare addominali e altri esercizi, lavorare sulla tecnica, provare a studiare la tattica... tanti piccoli sacrifici che, lì per lì, ci costano: quando però si arriva alla partita e si riesce a correre novanta minuti, o si sa esattamente dove lanciare la palla perché il compagno di squadra è già lì e si porta a casa il risultato... tutto torna. Il sacrificio fatto acquista un senso.

Qualcuno potrebbe obiettare che in certi casi la sofferenza è fine a se stessa, che non serve a nulla. Non è mai così, la sofferenza può sempre avere un significato: per chi soffre, oppure per chi gli sta attorno, o addirittura per persone altre (si pensi al sacrificio donato per la salvezza di altri, in ottica confessionale). Guardiamo per esempio a Charlie Gard: per molti era una vita “inutile”, eppure dal suo lettino ha scosso le coscienze di mezzo mondo. La sua è stata una sofferenza inutile? Chi può affermalo, alla luce dei fatti?

Ma torniamo all’attualità. L’approvazione della legge sul testamento biologico (qui i politici “buoni” e “cattivi”, a seconda del voto espresso) è purtroppo solamente il primo atto di una assurda corsa verso la morte. A testimoniarlo l’appello rivolto dall’Associazione Luca Coscioni a tutti i politici, solo quattro giorni dopo il 14 dicembre che ha visto l’approvazione della legge da parte del Senato: «Il biotestamento non basta». Chiaro, l’Italia deve quantomeno allinearsi alla Svizzera, al Canada o altri Stati dove la morte è un diritto... Sappiamo che continueranno a martellare fino a quando non otterranno ascolto, naturalmente sfruttando al massimo grado i media schierati dalla loro parte e puntando sul sentimento delle persone con video come quello di Andrea, marito della trentenne Irene, morta questa estate per un adenocarcinoma polmonare diagnosticato 2 anni prima al quarto stadio. Un video colmo di sofferenza, sicuramente toccante, ma che arriva alla conclusione sbagliata: l’eutanasia non avrebbe lenito la sofferenza del neo-marito Andrea, come gli si fa credere... anzi, probabilmente al dolore del distacco si sarebbe poi sommato il senso di colpa.

Prepariamoci insomma a una difficile lotta culturale su un tema delicato e complesso come quello della morte.

Nel concludere, una riflessione tanto banale, quanto troppo spesso dimenticata: una croce, una sofferenza, se viene condivisa, pesa meno e diventa più sopportabile. Di qui l’importanza di non lasciare soli gli anziani e i malati, ma di “compartirli” nel senso etimologico del termine: cum + patior, patire con...

Teresa Moro


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