27/08/2016

Gender – È necessario ritornare come bambini

Come mai il gender ha preso campo in maniera così violenta? Quali spiegazioni è possibile trovare?

Queste domande sono impegnative e non è facile trovarvi una risposta, ma proviamo a proporre qualche breve riflessione, che poi dal tema del gender possono essere applicate anche ad altri temi di carattere socio-educativo.

Il bambino è colui che interroga, che chiede “perché”. È un’osservazione che ho sentito molte volte fare durante i ritiri regionali di Alleanza Cattolica che ho frequentato, e che mi è tornata in mente riflettendo sui fatti di questi giorni. Chiedere “perché” è diverso dallo sfogliare un archivio di risposte. Chiedere “perché” è confrontarsi con la realtà che abbiamo di fronte, riconoscerla non creata da noi ma preesistente a noi, quindi da scoprire.

L’errore più grosso è quello di pensare che l’adulto sia colui che non ha più domande da fare. La cultura è alimentata dallo stupore, deve creare «una superiore disponibilità che permetta la ricezione di più profonde illuminazioni» (G. Thibon). Ma soprattutto si corre il rischio che l’uomo incominci a darsi risposte da solo mettendo tra parentesi il mondo che gli sta davanti. L’orgoglio e la concupiscenza hanno portato gli uomini a non chiedere più il perché delle cose, ma a darsi risposte da soli tagliando i legami con il Creatore e con il creato. Quella sete di sapere è stata ripiegata nel proprio io, come un bambino che, salito un monte, invece di stupirsi di ciò che vede, con stizza rifiuta il padre perché non ha costruito un enorme parco giochi nella valle. Il rifiuto del Padre, del Creatore ha come conseguenza il rifiuto del creato, del reale. Diceva Pio XII, già nel 1952: «Questo nemico è diventato sempre più concreto, con un’audacia che Ci lascia stupefatti: Cristo sì, la Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. E infine il grido empio: Dio è morto; o piuttosto Dio non è mai esistito». Segue la desolante constatazione che neppure questo mondo esiste e che l’uomo è solo un incidente di percorso.

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Infatti poco più di un decennio dopo questo discorso scoppiavano la rivoluzione sessantottina della fantasia al potere, la mentalità contraccettiva, la legislazione sul divorzio e sull’aborto, che, dopo aver rifiutato qualsiasi autorità, spezzavano i legami anche nei rapporti più intimi fra le persone.

Senza considerare questo non si comprende come oggi abbia potuto prendere campo in modo così violento l’ideologia del gender. L’uomo ha rotto il legame con l’autorità, è come il bambino che non chiede più perché al padre e vuole il suo parco giochi nella valle. Ma finisce col distruggere le case e i campanili e rimanere per sempre bambino in una valle desolata. L’ideologia gender vede l’uomo come un guscio vuoto, così staccato dalla realtà da considerare il proprio sesso, quindi il proprio corpo, come altro da sé. Si può costruire e decostruire a seconda del suo mutevole sentire.

Ho notato che, presentato così, l’argomento suscita una certa preoccupazione. Ma partendo dalla fine, ossia dal presunto diritto di sentirsi maschio femmina o qualcos’altro, pochi si scandalizzano. Spostano il discorso sul piano dei presunti diritti che nascerebbero dal mero sentire. Chi invece guarda la realtà, chiedendosi perché le cose funzionano in un certo modo, vede che i bambini nascono da un padre e una madre, che io come maschio sono diverso da una femmina, che l’atto sessuale è naturalmente unitivo e procreativo.

È curioso anche constatare come il rifiuto di Dio oltre che dall’allontanamento dalla realtà è accompagnato anche dal rifiuto dei bambini. La contraccezione, il rifiuto dei legami familiari, poi l’aborto rendono l’umanità sempre più edonistica, sempre più tesa a rincorrere effimeri piaceri, invece di impegnarsi a rispondere a queste scomode domande.

Allora torniamo bambini, chiediamo il perché delle cose a chi ha autorità per risponderci, per non annegare in una società liquida: così libera, così vuota.

Alessio Biagioni

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Fonte: Notizie ProVita, luglio-agosto 2014, p. 21

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