14/03/2018

Gender e sesso “spento” nella sua energia polare

Secondo la teoria gender, l’identità di genere determina l’identità sessuale.

L’identità sessuale non sarebbe definita, quindi, da differenze biologiche e neurologiche oggettive, ma dal sentire intimo e, in ultima analisi, dalla decisione personale. L’ideologia gender rimanderebbe ad una sfera meramente soggettiva che investe l’arbitrio individuale al punto da includere anche modifiche dell’aspetto o delle funzioni del corpo con mezzi medici, chirurgici etc..

L’orientamento sessuale può, pertanto, corrispondere, ma anche non corrispondere, al sesso assegnato dalla natura alla nascita, e così la personale percezione del corpo e le altre modalità di espressioni del genere (l’abbigliamento, l’eloquio, la gestualità etc.).

È evidente che la dualità sessuale ne risulta intaccata, relativizzata, sgretolata. Non ci sono solo due generi, ma tanti quanti sono gli orientamenti sessuali: uomini omosessuali, donne lesbiche, bisessuali, transessuali, uomini e donne intersessuali come generi distinti, in una friabilità, flessibilità e fluidità che finisce per liquefare la polarità maschio-femmina.

A sigillo del paradigma del gender è posto il principio di autodeterminazione, in base al quale la libertà autonoma dell’individuo, determinantesi in ragione dalle proprie opzioni e scelte, non è mai oltrepassabile. Il sesso lo si sceglie, lo si veste come un abito, e nessuno potrebbe legittimamente entrare nella sfera decisionale del soggetto.

Ma l’autoeterminazione altro non è se non una modalità di autorelazione, nel senso che il soggetto, l’individuo, pretende di determinarsi in un circuito autoreferenziale che recide vincoli e condizionamenti rispetto non solo alle norme sociali o morali, ma anche al dato biologico. Il mondo dell’autodeterminazione dell’individuo è segnato, pertanto, dalla chiusura, dalla separazione, dall’irrelazione, verso l’esterno, l’esteriore e l’alterità. Cosicché, ridotto nei termini di una determinazione soggettiva, il sesso perde ogni riferimento, nonché la direzione verso gli altri, la sua naturale vocazione unitiva, relazionale, fatta di complementarietà e polarità. Si traveste in orientamento sessuale, che è parte di un sentimento del tutto avulso, arbitrario, se non capriccioso.

L’irrelazione è, quindi, innanzitutto quella che separa la percezione soggettiva dell’individuo dal corpo, dalla sua fisicità sessuata nel segno della dualità maschile-femminile. Perché ogni singola cellula è segnata, marcata, intrisa sessualmente, molto prima dell’avvertenza che ne possiamo avere. C’è una memoria genetica profonda, che antecede anche il sesso gonadico e morfologico, ben oltre le segnature eterosessuali della società con quanto di convenzionale e culturale esse possano ammettere.

Non è allora una “dittatura della natura” sulla libertà di auto-determinazione (come sostengono i teorici del gender), ma piuttosto una caratterizzazione profonda quella che impregna la carne, il sangue, gli organi, la voce, la sensibilità, l’affettività etc.. «La struttura biologica essenziale della persona, punto di origine di fondamentali componenti di sessualità, è il suo sesso – ha scritto Angelo Serra –. Questa caratteristica biologica s’instaura attraverso un lungo processo di sessualizzazione, che si estende e s’interiorizza in ogni parte dell’organismo durante tutto il periodo del suo sviluppo» (Sulle componenti biologiche della sessualità).

Resta che il sesso genetico è prima in questo sviluppo. Poi dal corredo cromosomico conseguono quelle modificazioni che portano alla formazione della gonade femminile o maschile e, quindi, alla conformazione dell’apparato genitale. Molto dopo vengono le sensazioni psichiche circa l’appartenenza al proprio sesso biologico o a quello opposto.

Riaccendere la polarità sessuale

Il punto dirimente è allora quello di non dissociare l’identità sessuale dall’identità codificata nel gene, che avvia quello sviluppo approdante, da ultimo, all’identità sessuale. Nessun intervento chirurgico potrà, infatti, cambiare la struttura genitica sessuale interna. Discorso a parte vale per i disturbi della differenziazione sessuale, ossia per quei casi di intersessualità in cui si manifesta una discordanza tra sesso genetico, sesso gonadico e sesso genitale, o per casi di anomalia genetica.

A fronte di tutto questo appare chiaro che il paradigma gender deforma il dato reale, biologico, per uniformarlo ad una visione precostituita. In una parola, ideologizza il sesso.

La deformazione avviene non tanto perché la teoria rappresenta, o immagina, il sesso dentro un orizzonte particolare, quello della discordanza fra sentimento, avvertenza, percezione del sesso e sesso biologico, quanto perché assume quell’orizzonte particolare come avente valore di totalità. Il paradigma gender finisce, in tal modo, per rinchiudere il sesso entro il solipsismo del soggetto, ossia entro la sua percezione interiore, cui conseguirebbe l’orientamento sessuale.

Si spegne il sesso nella sua energia polare, che corrisponde alla sua carica relazionale, al suo proiettarsi verso l’alterità, l’eteronomia, la complementarietà, caratteristiche queste che sono proprie del vitale, del fertile, dell’esuberante di vita, che non è mai omologabile, circoscrivibile all’uguale, all’identico, all’in-differente. Questo comporta che la fecondità non è un’appendice o una mera accidentalità della sessualità, ma ne costituisce il coronamento nella sua dinamica di sviluppo.

Clemente Sparaco


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