08/04/2013

Le nuove controverse regole sulla pillola del giorno dopo

La discussione è iniziata dopo che il Ministero della Salute del Chile ha riferito che dal 28 Maggio prossimo entrerà in vigore un nuovo regolamento per la “pillola del giorno dopo”.
Il nuovo regolamento impone a tutti i centri di salute di somministrare tale pillola. Le donne che ne facciano richiesta potranno contare quindi sulla disponibilità di questo contraccettivo d’emergenza, anche se minorenni. Una decisione sostenuta dal governo, che però ha generato polemiche.
Mentre il ministro della salute, Jaime Manalich, ha dichiarato che “per la prima volta, dopo molti anni di una costante tendenza all’aumento, siamo di fronte a una diminuzione delle gravidanze tra adolescenti”, Fernando Chomali, Arcivescovo di Concepción, afferma che l’iniziativa “è puramente pragmatica, inconcludente e che produrrà l’effetto opposto a quello sperato.”
Guido Girardi, senatore, ha dichiarato: “La tesi alla base è che le donne hanno il diritto di decidere il momento in cui saranno madri, e decidere quale sarà il metodo contraccettivo che useranno ...Non ci può essere tirannia morale o dittatura, al fine di imporre qualcosa che  è legittimo forse per una particolare concezione religiosa o conservatrice, ma non può valere per gli altri”.

traduzione a cura di Daniela Vicini

NDR: A preoccupare non sono tout court le gravidanze indesiderate tra le adolescenti, ma quelle che interessano le ragazze provenienti dagli ambienti più poveri e vulnerabili.  Il ministro della salute ha rilevato che “la gravidanza delle adolescenti  colpisce fortemente le persone più povere, perpetuando il ciclo della povertà ed è associata ad una maggiore possibilità di mortalità materna e infantile”. Ecco quindi che si considera la c.d. contraccezione d’emergenza come elemento imprescindibile di una politica nazionale per la diffusione dell’educazione sessuale tra le nuove generazioni.
Indipendentemente dalle valutazioni sulla potenziale abortività di tale farmaco e sulla possibilità (o meno) da parte del medico di rifiutare la prescrizione (utilizzando quindi l’obiezione di coscienza, come strumento legittimo per negare una prestazione professionale), l’elemento più preoccupante è il modo con cui si sviluppa e si persegue una educazione sessuale nei giovani, soprattutto delle classi più povere.
In tema di educazione, il concetto “emergenza” non dovrebbe infatti esistere. L’educazione passa attraverso lo sviluppo di sistemi propositivi e di conoscimento, dove i concetti chiave sono “preparazione” e “prevenzione”.
Una vera educazione sessuale dei giovani (femmine e maschi, entrambi devono crescere ugualmente responsabili rispetto ai propri comportamenti sessuali) dovrebbe basarsi sulla conoscenza del proprio corpo, dei suoi tempi e delle sue possibilità. La contraccezzione d’emergenza “violenta” il corpo della donna, introduce forzatamente (nel senso sia della quantità, sia della repentinità) ormoni che non sarebbero naturalmente presenti o producibili. In questo modo, la chimica sostituisce la responsabilità delle proprie scelte. Ragazzi e ragazze possono quindi comportarsi “liberamente” e senza inibizioni, affidandosi successivamente al contraccettivo d’emergenza. Tutto questo non può essere parte di un “processo educativo”.
Il fatto poi che si faccia riferimento esplicito alle classi sociali più povere dimostra una resa, dichiarata o quanto meno di fatto, del progetto educativo stesso. Laddove, per scarsità di mezzi economici, risulta impossibile educare, vengono forniti gratuitamente (stiamo pur sempre parlando dei poveri!) contraccettivi d’emergenza,  anche alle minori di 14 anni. Il ministro, giustamente, ricorda come proprio le classi sociali più povere risultino colpite dalla “piaga” delle maternità indesiderate, che “perpetuano il ciclo della povertà”. Dubito però che qualsiasi educatore possa sottoscrivere questo regolamento. Alla ragazzina povera, che ricorre ai centri di salute nazionali, sarà sufficiente richiedere la pillola e far valere il rapporto paziente-medico, per ritrovarsi con la pillolina a disposizione e l’impossibilità, per il medico, di contattare i genitori. Una facile e rapida soluzione per il suo problema, senza però alcuna vera educazione o forma di apprendimento, né sulla impossibilità di ricorrere frequentemente a tale farmaco, né sui rischi legati alla diffusione di malattie. Perché, per la ragazzina, l’unico problema sarà evitare una gravidanza indesiderata.
Questo però perpetua una stratificazione sociale già eccessivamente radicata in Cile. Negli istituti privati, con maggiori risorse economiche, verrano impartiti i corsi di educazione sessuale elaborati dalle migliori università del paese; negli istituti pubblici, notoriamente afflitti da una cronica assenza di mezzi, il professore spiegherà brevemente che in caso di necessità ci si può rivolgere al consultorio pubblico e richiedere la pillola, o la “pillola del giorno dopo”.
Restano quindi forti dubbi sulla possibile efficacia di un simile strumento. Il male che ne può derivare (in termini economici e di salute pubblica, scaturendone una progressiva deresponsabilizzazione nei repporti sessuali non protetti) rischia di essere di molto superiore al “male” che una gravidanza indesiderata rappresenta. Questo regolamento dà insomma l’impressione di curare sul brevissimo termine, senza tenere nella minima considerazione i problemi sul lungo termine.

a cura di Daniela Vicini

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da CNN Chile

Fonte: CNN

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