19/12/2012

No alla ricerca con gli embrioni

Il Tribunale di Firenze ha rinviato la Legge 40 alla Consulta, in merito al divieto di utilizzo ai fini della ricerca degli embrioni in sovrannumero. Ma si tratta di vite umane

L’Associazione Scienza & Vita non ci sta. Alla notizia che il Tribunale di Firenze ha rinviato la scorsa settimana la Legge 40 alla Consulta, in merito al divieto di utilizzo ai fini della ricerca degli embrioni in sovrannumero malati o abbandonati e alla irrevocabilità del consenso della donna ai trattamenti di procreazione assistita dopo la fecondazione dell’ovocita, l’associazione ha risposto con decisione.

«Ancora una volta si è scelta la via giudiziaria per tentare di minare la Legge 40 e i fondamenti antropologici su cui si basa il nostro Paese», è stato il commento di Lucio Romano, presidente nazionale dell’Associazione. «Le derive che delineavamo riguardo l’abbandono e la distruzione degli embrioni crio-conservati, si confermano purtroppo un tema di stringente attualità».

La questione di poter utilizzare nella ricerca scientifica le cellule staminali embrionali, prelevate da embrioni abbandonati o scartati durante il processo di procreazione medicalmente assistita, divide da tempo gli scienziati in quelli che considerano una grande opportunità il poter accedere a questa riserva di cellule altrimenti inutilizzata e chi, crede, invece, che l’embrione sia molto di più di un insieme di cellule su cui poter condurre esperimenti.

«Il rinvio del Tribunale di Firenze alla Consulta, rispetto al divieto di utilizzare per la ricerca gli embrioni malati o abbandonati, e come tale “scartati” dal processo di procreazione medicalmente assistita, ci interpella sul significato che vogliamo dare alla vita umana, soprattutto nelle sue primissime fasi», ha proseguito Romano. «L’embrione non è mero materiale biologico di cui liberamente disporre, facendone l’uso che si ritiene più conveniente, ma è un essere umano, portatore di intrinseca dignità e valore, che va rispettato».

Secondo le stime disponibili, sono ufficialmente 3415 gli embrioni cosiddetti “orfani”, ai quali le coppie hanno cioè espressamente rinunciato. Attualmente sono crio-conservati nei vari centri di fecondazione italiani ma era stato previsto che fossero tutti trasferiti in una bio-banca presso l’Ospedale Maggiore di Milano, che, però, non è mai entrata in funzione. «Si esige ancor più, a questo punto – ha concluso Romano – un’attenta riflessione sul destino degli embrioni crio-conservati, abbandonati o dei quali si fa rinuncia all’impianto, che sia pienamente rispettosa della natura umana degli stessi e che li accompagni al naturale compimento del percorso esistenziale: la nascita».

di Alessandra Turchetti

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