22/09/2018

Aborto – Cambio ai vertici di Planned Parenthood

Cambio ai vertici della multinazionale dell’aborto Planned Parenthood Federation of America (Ppfa), che ha fatto della vita e dei corpi dei bambini (sono recenti gli scandali di compravendita di organi e tessuti fetali) un fertile terreno di guadagno. La pro-choiche Cecile Richards, in carica dal 2006, lascia infatti il posto a Leana Wen.

Leana Wen, trentacinquenne di origine cinese, in possesso della nazionalità americana da appena 15 anni, è il primo medico a gestire il colosso abortivo negli ultimi cinquant’anni. Nel commentare la sua nomina, riporta Actuall, la Wen si è detta onorata, dichiarando che Planned Parenthood «salva vite» e che «nessuna organizzazione ha fatto di più per la salute delle donne di Planned Parenthood»Due affermazioni, queste, che hanno del paradossale, dal momento che la multinazionale dell’aborto non solo uccide un numero enorme di bambini (per il 2017 si parla di 321.384 esseri umani sacrificati, a fronte di un miliardo di dollari di ricavi), ma non ha neanche a cuore la vita delle donne, che pagano le conseguenze dell’aborto sia a livello psicologico, sia a livello fisico. La sindrome post-aborto si manifesta sotto forma di ansia, tristezza, depressione, autolesionismo, pensieri ossessivi o suicidari, anche dopo decenni; mentre a livello fisico, ci sono possibili conseguenze a breve termine (emorragie, infezioni, perforazioni dell’utero e altre complicanze legate alla procedura abortiva), ma anche a lungo termine (infertilità, successivi aborti spontanei, parti prematuri, gestosi, placenta previa, perdite ematiche, necessità di isterectomia post-partum, gravidanze extrauterine, endometriosi e un aumento del 150% delle possibilità di sviluppare un cancro al seno). Senza dimenticare, inoltre, che l’aborto può essere anche causa di morte anche per la donna che vi si sottopone, oltre che per il bambino: stando alla sola America, dalla legalizzazione dell’aborto avvenuta del 1973, sono già morte oltre 500 donne, alcune delle quali – è emerso da diverse indagini – anche a causa della spregiudicatezza della stessa Planned Parenthood, che compie operazioni sommarie (il tempo è denaro e anche sull’igiene si sorvola) e aborti tardivi. Un numero, ad ogni modo, tristemente destinato a crescere in maniera esponenziale, alla luce della crescente diffusione della pillola Ru486, che comporta un rischio di morte per la madre dieci volte maggiore rispetto al metodo chirurgico.

Leana Wen, nuova presidente di Planned Parenthood una cognizione di cosa sia l’aborto e del suo potere distruttivo a livello personale e socio-culturale dovrebbe averla. E questo innanzitutto in virtù delle sue origini: non è infatti errato affermare che lei è una “sopravvissuta”, una donna che è riuscita a sfuggire al genocidio femminile che la Cina porta avanti da sempre, e che si è acuito terribilmente con la pianificazione familiare da 40 anni a questa parte. In America, invece, la selezione avviene per motivazioni di stampo razzista: Planned Parenthood è stata infatti fondata da Margaret Sanger con fini eugenetici, oltre che di profitto, e oggi ben l’80% delle cliniche per l’aborto della catena si trovano in quartieri dove la popolazione di colore è in maggioranza.

In secondo luogo, essendo la Wen un medico, non dovrebbe neppure esserle sconosciuto il fatto che una nuova vita inizia con il concepimento e che quindi l’aborto altro non è che l’omicidio di un essere umano, piccolo e indifeso. Un essere umano unico, già perfetto seppure in fase di sviluppo (e chi di noi non lo è, fino alla morte?), portatore di dignità e che ha diritto di vivere a prescindere da qualsivoglia valutazione di “merito” o di “qualità” di cui può essere portatore.

Si potrebbero fare, a questo punto, numerosi esempi di “medici abortisti” (una contraddizione in termini) convertitesi alla causa pro-life, quali quello di Bernard Nathanson, uno dei “padri” della legge che ha legalizzato l’aborto in America e che nella sua vita ha compiuto circa 75.000 aborti, per poi rimanere folgorato di fronte alla realtà delle sue azioni: utilizzando l’ecografia durante un “intervento”, vide che quello che uccideva era un essere umano, e non un mero grumo di cellule. Tuttavia, forse la cosa più razionale da fare è tornare a guardare alla realtà oggettiva, all’avvenimento – scientificamente comprovato – che in un lampo di luce determina il nascere di una nuova vita e, quale diretta conseguenza di questo, tornare a rimettere al centro la missione del medico, qual è la stessa Wen, ossia salvare vite umane. Vite che, nel caso di una donna incinta, sono due, e di uguale valore.

Giulia Tanel

Fonte: Articolo pubblicato su La Verità

Fonte immagine: Actuall

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