23/05/2019

Aborto negli USA: si riduce il male, non è ancora un bene

La vita e l’aborto si impongono come temi nazionali negli USA. Lo scandalo delle leggi che consentono l’aborto sino alla nascita, la barbarie dell’omicidio dell’infante tipico delle comunità tribali e delle civiltà pre-cristiane, è passato sotto silenzio. Non si deve sapere che la moderna sinistra democratica americana spinge e approva, laddove ha la maggioranza, leggi che legalizzano l’infanticidio. New York non è stato l’unico Stato che ha acconsentito all’aborto fino alla nascita. Prima che i legislatori di New York votassero a fine gennaio la legge per rimuovere i limiti gestazionali sull’aborto, sette Stati e anche Washington D.C. avevano già leggi che consentivano l’aborto nel terzo trimestre. Gli otto Stati sono: Alaska, Colorado, New Hampshire, New Jersey, New Mexico, New York, Oregon e Vermont, insieme a Washington, D.C.

Nonostante l’aborto fino al momento della nascita sia legale in diversi Stati e nella capitale della nazione, ci sono solo cinque cliniche a livello nazionale che eseguono gli aborti a breve termine. Tra gli Stati che non hanno limiti di aborto, finora solo il Colorado e il New Mexico hanno cliniche che eseguiranno aborti fino a 32 settimane e nei giorni successivi solo “;caso per caso”.  La legge sull’aborto firmata dal governatore democratico di New York Andrew Cuomo a fine gennaio, non solo consente l’aborto in qualsiasi momento per proteggere la “;salute della paziente”, ma dice anche: «Un aborto può essere eseguito da un organismo autorizzato, certificato o autorizzato, ciò vale anche per gli operatori sanitari che non sono medici».

Un’ondata di leggi che limitano l’aborto, come quella recentemente approvata in Georgia, viene presa in considerazione dai legislatori di altri nove Stati in tutto il Paese, dello stesso tenore sono le leggi già approvate da un ramo del parlamento di Louisiana, Missouri, South Carolina e Tennessee. Gradualmente stanno passando radicali restrizioni sull’aborto, dal divieto quasi totale di abortire dell’Alabama, al divieto dell’Ohio dopo che è stato rilevato un battito cardiaco fetale, al divieto dello Utah dopo che la gravidanza arriva a 18 settimane. Già otto Stati hanno approvato leggi che potrebbero mettere in discussione le protezioni federali sull’aborto, con l’obiettivo di giungere prima o poi a una revisione elle Sentenza Roe vs. Wade del 1973 che aveva aperto alla legalizzazione dell’aborto negli Usa.

Gli attivisti pro life spesso non sono d’accordo sul fatto che la loro priorità debba essere quella di passare a un divieto di 6 settimane o uno di 20 settimane. Ma insieme i loro sforzi hanno ingigantito le voci di milioni di americani che vogliono che l’aborto sia illegale; tutti sono uniti da una comune convinzione: l’aborto è un male assoluto, un omicidio che si dovrebbe vietare. Certo, tra il male assoluto per di più presentato come un bene auspicabile dalle legislazioni ‘democratiche’ favorevoli all’aborto sino alla nascita, al bene possibile di proteggere la vita riducendo gli spazi dell’aborto, c’è una differenza positiva. Un percorso positivo si intraprende in un Paese che dal 1973 vede l’aborto praticato massicciamente. In alcuni degli Stati si è migliorata, sebbene non ancora pienamente, la tutela della vita del concepito, come in Ohio: la battaglia per la vita è iniziata sin dal 2008 e sin da allora si tentava di vietare l’aborto dalla ricezione del battito cardiaco del nascituro.

Il percorso unitario del movimento pro life americano, iniziato sin dal 1973 e comprendente migliaia di gruppi e sigle, tende al bene, il divieto dell’aborto senza eccezione alcuna, ha percorso una strada difficile e da molti anni marcia unito almeno nella marcia nazionale per la vita, nel gennaio di ogni anno (già questo fatto dovrebbe far riflettere gli italiani, una riflessione che manca a causa di protagonismi e dissidi ingiustificabili). Il movimento americano per la vita ha sostenuto ed è stato incoraggiato dal Presidente Trump nella sua continua e determinata lotta perché si tuteli la vita umana sin dal concepimento. Trump, come i pro life americani, così come i tantissimi rappresentanti del popolo in molti Stati degli Usa, hanno deciso di intraprendere una buon strada per arrivare a liberare progressivamente gli Usa dalla piaga dell’aborto: non negano ciò in cui credono, non si battono contro i mulini a vento. Giorno per giorno da decenni costruiscono consenso e cultura per la vita.

Leggi meno malvagie non sono buone, sono solo molto meglio della barbarie dell’infanticidio. Se non è possibile fare il bene totalmente, una volta affermato che si crede in esso e si fa tutto per affermarlo pienamente, si può anche agire per ridurre il male, così come Papa Benedetto scriveva quand’ancora era a capo della Congregazione della Dottrina della Fede per i cattolici in politica. Ci sono ottimi segnali che provengono dagli Usa in tema di tutela della vita umana, un forte percorso è stato intrapreso: se porterà sino alla Corte Suprema e allo smantellamento della legalizzazione dell’aborto lo vedremo presto. Per il momento, apprezziamo e incoraggiamo la lunga marcia dei pro life americani iniziata molti decenni orsono, movenze positive che nell’immobilismo dei politici europei, infonde speranza anche a noi.

Luca Volontè

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