26/09/2017

Aborto – Save the Children: ... ma quali?

Ripubblichiamo un articolo pubblicato sulla nostra Notizie ProVita nel maggio del 2015. Parlavamo di Save the Children, portando alla luce le sue politiche favorevoli all’aborto, alla contraccezione, etc. I mesi sono passati, ma la situazione pare sia rimasta la stessa: il lupo è rimasto travestito da pecora.

Aborto – Save the Children: ... ma quali?

Una domenica mattina a casa, pioggia fuori, tantissima pioggia a Manila che vedo in diretta Tv, mentre Papa Francesco si accinge a dire la messa al Grandstand Rizal Park. Mentre faccio colazione, gli occhi sono sulla folla incredibile di persone venute ad ascoltarlo, il giornalista parla di sei milioni di persone. Devono essere veramente assetati della Parola, penso, per stare sotto quell’acqua, in così tanti.

Si avvicinano al Papa due bambini. Una dei due è un’ex bambina di strada, di dodici anni. Parla del suo passato assurdo, ne chiede al Papa il perché, piange lacrime di un dolore acutissimo che si trasmette dallo schermo all’altro lato del mondo. Mi si ferma il respiro mentre l’ascolto. Sento il nome dell’associazione che l’ha salvata (Anak-Tnk), raccogliendo altri bambini come lei dalle strade, dandogli una casa, proteggen- doli dalla violenza e dagli abusi, in particolare di natura sessuale, piaga senza fine della povertà filippina.

Penso al bambino che io e mia figlia di 8 anni abbiamo scelto di sostenere a distanza con Save the Children. È anche lui nelle Filippine. Pensandolo, digito sul telefono il nome di Save the Children, per curiosità, per vedere cosa stanno facendo, progetti, luoghi, risultati.

Clicco su “Cosa Facciamo”, sono curiosa, contenta di partecipare anch’io. Ma mi si apre una schermata intitolata “Pianificazione Familiare”. L’inglese è la mia lingua madre, so bene il vero significato del “Family Planning”, ma leggo ancora, forse mi sbaglio. Scopro una realtà che veramente non mi aspettavo. Possibile che non avessi capito la loro politica? Che mi sia lasciata ipnotizzare anch’io dai loro spot manipolativi, spudorati?

Navigando, incontro una pagina intitolata: «Pianificazione familiare: uno strumento per salvare milioni di vite». L’incipit preannuncia il pensiero: «Che ci fosse un problema oggettivo lo sapevamo già da tempo. La sovrappopolazione è una questione aperta ormai da anni. Facciamo troppi figli nel mondo. O meglio, il mondo più ricco non ne fa più, ma nei paesi poveri se ne sfornano moltissimi. E le risorse mondiali non bastano». Il verbo “sfornare”, riferito ai bambini, mi dà un senso di freddezza mal celata, e la posizione che difendono mi sembra indifendibile.

Leggo il loro rapporto “Nati per morire”, oltre ad un comunicato stampa del 27 giugno 2012, sempre dal sito italiano di Save the Children. Il concetto è sempre lo stesso. C’è povertà, malnutrizione, le ragazze rimangono incinte troppo presto, quindi rischiano di morire, o di far morire il piccolo. La cultura in alcuni paesi impone matrimoni forzati, rapporti forzati, e queste bambine devono potersi difendere da gravidanze indesiderate. In più, devono poter distanziare le gravidanze. E avanti così, spiegano quante morti ha evitato la contraccezione e quanti bambini, che sarebbero morti nel primo anno di vita, sono stati salvati: con la pianificazione familiare, sono stati abortiti prima.

La mattina seguente chiamo l’ufficio romano dell’ONG, chiedendo delucidazioni. La responsabile è incerta nel tono di voce, non sa cosa dirmi quando le chiedo se Save the Children offre servizi d’aborto. Usa un linguaggio ambiguo: Save the Children non promuove assolutamente l’aborto. Crede però nella contraccezione, per prevenire gravidanze indesiderate, e nell’educazione sessuale. Le chiedo, quindi, in cosa consiste quest’educazione sessuale. Fa marcia indietro, mi spiega che Save the Children, non promuove nulla di tutto ciò, neppure l’uso della contraccezione. Si limita a spiegare come funziona il corpo umano, poi “la scelta è loro”.

Ci penso su, incredula, chiedo un po’ in giro. Chiedo a qualche conoscente cosa pensa se gli dico “Save the Children”. Nessuno lega questo nome all’aborto. Mi guardano stupiti. Sono ancora stupita anch’io.

È proprio questo che puntualizzo, nella mia lettera di disdetta del sostegno a distanza, decisione presa con difficoltà, ma con la speranza di poter sostenere il mio bambino al di fuori del circuito STC. Sottolineo la mancanza di chiarezza nella comunicazione. Perché non dirlo chiaramente, se si crede così tanto in questa filosofia? Meglio occultare l’informazione, probabilmente la più importante, perché così si rischie- rebbe di perdere eventuali sosteni- tori non accondiscendenti? Ma la libertà di scelta? Non era questa che spingeva i “pro choice”? Chiedo, inoltre, spiegazioni su un documento piuttosto ambiguo sull’eutanasia infantile, trovato mentre ricercavo ulteriori informazioni sulle attività di Save the Children.

La risposta scritta che ricevo non cerca neppure di contraddire il mio pensiero. È ferma nella posizione che la contraccezione data alle “bambine” le salva da gravidanze inopportune e che le donne in difficoltà, in povertà, senza assistenza sanitaria adeguata, nonché soggette a rapporti sessuali forzati e/o prematuri, necessitino e richiedano servizio di contraccezione artificiale e aborto; devono poter posticipare le gravidanze, pianificarle a tavolino.

Invece, io ritengo che servano leggi adeguate, vera educazione alla sessualità e genitorialità responsabile, rispetto della donna: un cambio culturale, non un’imposizione ideologica. Serve una vera e ramificata assistenza sanitaria e ginecologica; cibo e acqua puliti; pressione sui governi locali affinché tutto ciò possa essere facilitato; educazione al rispetto di se stessi e del proprio corpo, alla conoscenza del ciclo femminile e alle modalità di regolazione naturale della fertilità, da usare nell’ambito protetto del matrimonio. Sì, il matrimonio deve diventare un ambiente protetto. Ma no: secondo Save The Children tutto questo non si può fare. Distribuire servizi di aborto e pacchetti di pillole anticoncezionali a bambine come fossero caramelle, questo, sì, si può fare (vedete la foto della pagina del loro sito dedicata).

Rispondo ancora, quindi, sottolineando il fatto, almeno a me ovvio, che delle bambine troppo piccole per partorire, sono anche troppo piccole per avere rapporti sessuali, che vanno protette da abusi, non dimesse con un pacchetto di pillole anticoncezionali. Che semmai, il servizio che offrono, dovrebbe essere proprio di questa natura, di protezione, vera. L’anticoncezionale artificiale è dannoso e fallibile. Quando fallirà, Save the Children non promuoverà, ma offrirà, il servizio di “Pianificazione Familiare”, pulito e sicuro, “salvando” la bambina, senza rendersi conto di avercela esposta in primis a quella situazione e senza sapere quali ripercussioni di carattere psicologico potrà avere sulla bambina stessa. Nessuna risposta.

L’unica cosa che mi rimane da sapere è come restare in contatto con il bambino che sostenevamo a distanza. Vorremmo sostenerlo direttamente, mandando i nostri aiuti alla sua famiglia. Ma guarda caso, proprio poco prima, questo bambino si è spostato in zona non più coperta o raggiungibile dai servizi di Save the Children, e per questo non è più contattabile. Allegano addirittura copia di una lettera (arrivatami per posta solo dopo più di una settimana), in cui mi spiegavano il cambiamento e la proposta di sostenere un altro bambino. Noto che la lettera non è datata. Riporta solo il mese. Tempismo perfetto.

Daniela Fraioli

Fonte: Notizie ProVita, maggio 2015, pp. 20 e 21


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