29/05/2019

Argentina, medico condannato. Quando salvare la vita è un crimine.

Un’incredibile storia di “ordinaria ingiustizia” si sta consumando in questo periodo in Argentina, dove il 13 maggio è iniziato il processo contro il dottor Leandro Rodríguez Lastra, primario di ginecologia dell’ospedale Pedro Moguillansky di Cipolletti (Río Negro). Di che cosa è accusato il dottore in questione? Di omissione di soccorso? Di aver procurato la morte a qualcuno dei suoi pazienti o in generale di aver adottato un comportamento contrario ai principi contenuti nel giuramento di Ippocrate? Tutto il contrario! La sua colpa, a detta dei suoi accusatori e dei giudici, è quella di aver salvato ben due vite umane, in un colpo solo.

Tutto inizia quando una ragazzina di 19 anni rimasta incinta in seguito a uno stupro, si presenta all’ospedale Cipolletti, in preda a forti dolori al ventre. È al quinto mese di gravidanza e cedendo alle pressioni di un’associazione pro choice, La Revuelta, ha ingurgitato farmaci illegali abortivi, a base di misoprostolo, fornitigli, sottobanco, dall’associazione stessa.

Quel giorno è di guardia il dottor Leandro Rodríguez Lastra che, preoccupato per le condizioni della ragazza, soprattutto in ragione del fatto che quei farmaci non possono essere somministrati in gravidanza avanzata, in quanto mettono a repentaglio la vita sia della mamma che del bambino, le sconsiglia vivamente di abortire. Infatti un cesareo, in quelle condizioni, sarebbe stato un rischio gravissimo per la sua salute. Così la ragazza, dietro consiglio del medico, porta avanti la gravidanza fino a 35 settimane, termine in cui le viene indotto il parto in piena sicurezza e dà il bambino in adozione. Eppure, nonostante il felice epilogo della storia, iI comportamento del dottore è stato considerato una violazione della legge provinciale di Rio Negro numero 4.796/ promossa dalla deputata Marta Milesi, pediatra e militante abortista, che giustifica l’aborto in caso di stupro senza indicare un limite alla gravidanza.

Ma questa storia ha due aspetti contraddittori che lasciano allibiti: prima di tutto il fatto che questo dottore sia stato incriminato per aver soccorso in tempo e salvato la vita a due persone, seguendo un protocollo medico serio e non semplicemente le proprie idee e poi, altro aspetto incredibile e inquietante è che la giustizia, così zelante verso chi ha fatto semplicemente il proprio dovere, lasci poi operare liberamente il gruppo clandestino che ha fornito illegalmente e illegittimamente il farmaco abortivo alla donna, portandola a rischiare la vita. Parliamo di un’associazione che opera continuamente nell’illegalità: sul sito della Ong pro choice, il cui nome La Revuelta, è tutto un programma, è presente, infatti, un dettagliato vademecum su come «fare un aborto con le pastiglie» e sono riportati «i racconti delle femministe che procurano aborti». Come mai allora l’ira funesta dei giudici si è scagliata tutta solo contro chi ha cercato di rimediare i guai causati da altri e non contro chi questi guai li ha prodotti e con conseguenze potenzialmente mortali? E se davvero questa sentenza mirerebbe a proteggere la libertà e il diritto della ragazza di abortire, in quanto la sua gravidanza sarebbe il frutto di un evento traumatico come lo stupro, come mai nessuna indagine è stata compiuta per appurare l’identità del violentatore che gode ancora piena libertà?

Lastra si è difeso in tribunale affermando di non avere eseguito l’aborto per semplici ragioni mediche, legate alla salute della paziente e di aver agito, peraltro, in piena linea con tutte le leggi provinciali e nazionali che garantiscono protezione alla vita fin dal suo concepimento e si è detto anche preoccupato a causa di questo processo perché: «Il sistema giudiziario che ha dato origine a questo processo punta a permettere che le decisioni del medico siano messe in discussione, mette in discussione il nostro atteggiamento e la nostra capacità di lavorare e garantire la sicurezza. So di non aver commesso alcun crimine».

In più, a proposito della possibilità di interrompere la gravidanza della donna in fase avanzata ha sottolineato: «Dopo le 20 settimane non si può e non si deve nemmeno parlare di abortoPer interrompere una gravidanza così avanzata si deve uccidere il bambino nel grembo materno prima di rimuoverlo. In emergenza un medico deve prendere la decisione migliore possibile. E per me in quel momento la decisione migliore possibile era salvare due vite, non metterle a repentaglio entrambe».

Sebbene molti professionisti della Costa Rica, come diverse organizzazioni pro life abbiano espresso il loro sostegno e la loro solidarietà al medico, tuttavia, non è un caso che va rinchiuso nella nicchia della battaglia pro life, perché, in realtà, siamo principalmente di fronte a una gravissima ingerenza, da parte della giustizia, in quello che è il ruolo essenziale del medico: assistere i pazienti per salvare loro la vita e garantirne la guarigione.

Eppure, questa vicenda ha avuto un risvolto positivo, in quanto ha fatto comprendere a Lastra tutta l’assurdità della legge sull’aborto, tanto che oggi è diventato un medico obiettore. Come ha spiegato lui stesso: «Prima non lo ero, perché ero d’accordo con quanto stabilito dal codice penale, con l’interruzione di gravidanza a tutela dalla salute della donna». Ma dopo essere stato sottoposto al pubblico linciaggio semplicemente per aver fatto il proprio dovere, ha cambiato idea, trovando a dir poco folle il fatto di essere stato condannato per «non aver praticato un’azione aberrante: strappare un ragazzino dal ventre di sua madre, sapendo che se fosse sopravvissuto avrebbe avuto conseguenze molto gravi. La decisione che ho preso è stata la migliore e lo rifarei di nuovo».

Manuela Antonacci

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