07/06/2018

Argentina: menzogne pro aborto e verità pro vita

126 contrari, 108 favorevoli e 22 indecisi. Queste, per ora, le reazioni dei parlamentari della Camera bassa argentina, che, il prossimo mercoledì 13 giugno, saranno chiamati ad approvare o respingere il disegno di legge sulla depenalizzazione dell’aborto.

Una maggioranza, quindi, quella dei pro life, ancora molto incerta, dato il numero di parlamentari che non si sono ancora espressi. I cosiddetti “pro choice”, quelli che credono ancora che l’aborto sia una libera scelta della donna, si stanno dunque impegnando a «convincere i 22 deputati indecisi», spiega La Nuova Bussola Quotidiana in un suo articolo.

Così, hanno pensato bene di far girare video ad attrici che raccontano storie di vittime di stupro che volevano abortire o di donne maltrattate in un aborto clandestino. Ma ora arriva il pezzo forte: alla fine di ogni video, il messaggio che hanno scritto è il seguente: «L’aborto legale salva le vite».

Ebbene, in questo va sicuramente riconosciuto loro il “merito” di aver superato persino la fantasia  dei nazisti, che all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz scrissero: «Il lavoro rende liberi».

Infatti, l’aborto uccide un bambino e distrugge la vita della madre. Quando non le arreca danni fisici (di aborto legale può morire anche la donna), la segna con un trauma psichico che prima o poi esplode in modo imprevedibile e virulento. Abbiamo molte testimonianze che  affermano che l’aborto dopo uno stupro sia una violenza anche maggiore dello stupro stesso. Quanto, poi, agli aborti clandestini, già in Italia ne abbiamo sentite fin troppe di menzogne che girano da più di 40 anni e che hanno determinato il varo della legge 194.

Il fronte pro life, in risposta a tale reazione, ha invece reso protgonisti della sua campagna delle persone sopravvissute all’aborto. Storie vere, raccontate in prima persona, come le tante cui abbiamo dato voce anche noi.

Pensiamo a Gianna Jessen che, sopravvissuta ad un aborto salino tardivo, oggi chiede a chi ritiene che l’aborto sia un diritto della donna: «Dove erano i miei diritti?». O a Claire Culwell, che ora si è riconciliata con la madre, o a chi, come Melissa Ohden, ha visto come l’aborto abbia reso sua madre una «donna fragile, preda del rimorso», tuttaltro che emancipata.

E poi ci sono i milioni di vittime che la voce non  l’hanno mai avuta, perché uccisi, “aspirati” o morti bruciati dall’aborto salino,  e  tanti che, sopravvissuti all’aborto, vengono  lasciati morire tra i rifiuti ospedalieri.

Speriamo che il grido di nati e non nati arrivi alle orecchie dei parlamentari, unito a quello dei 3 milioni e seicentomila argentini in marcia per la vita, affinché anche lì non si permetta di cominciare un sistematico sterminio di innocenti.

Redazione

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.