L’Argentina per la vita ha fatto di nuovo sentire la propria voce. Dopo la manifestazione del 25 marzo, con due milioni di persone, un’altra folla umana ha invaso le vie di ben 200 città: si parla di 3,6 milioni di persone. Molte di più delle 350.000 che avevano manifestato per l’aborto nella “Giornata della donna”.
Come mai questa nuova mobilitazione? Per scongiurare che il 13 giugno, giorno fissato per le votazioni, l’Argentina possa diventare – da uno dei Paesi che più tutela la vita – uno luogo pericolo per i bambini nel grembo materno.
Dal 1994 la Costituzione argentina protegge il bambino nel grembo materno dal momento del concepimento, salvo in caso di stupro, di pericolo per la vita della madre e di malformazioni genetiche. La Camera dei Deputati sta ora discutendo un disegno di legge per consentire l’aborto su richiesta nelle prime 14 settimane di gravidanza e fino al nono mese nei tre casi citati sopra.
Casi che, tra le altre cose, sono molto rari: nel 2016, ad esempio la città di Buenos Aires, con una popolazione di quasi 2,9 milioni, ha permesso 563 aborti non punibili.
Il presidente Mauricio Macri ha ha detto di essere personalmente a favore della vita, ma se la legge passasse non porrebbe il veto.
Riporta LifeSiteNews: «I manifestanti hanno scandito slogan come: “Io voto per la vita” e portavano cartelli che dicevano: “Voglio nascere. Ho otto settimane. La mia vita è nelle tue mani”, secondo il quotidiano argentino La Nación. Un manifestante ha detto al giornale: “Vogliamo dimostrare ai deputati (della Camera dei Deputati, la camera legislativa inferiore) che il popolo non vuole che l’aborto sia permesso. Porta a termine due vite: quella del bambino e quella della donna”».
Il popolo per la vita in Argentina è quindi vivo e vigile: i sondaggi parlano di una sostanziale parità nell’opinione pubblica tra pro life e pro choice, con un progressivo aumento dei primi sui secondi.
Teresa Moro