05/09/2018

Argentina: rifiutano di fare un aborto, processati

In Argentina il dibattito sull’aborto continua a rimanere molto caldo: il fronte abortista non ha infatti ancora digerito il «No» del Senato di inizio agosto alla legge che avrebbe consentito di uccidere i bambini nel grembo materno. E a “rodergli i fegato”  ancora di più è il fatto che per un anno non sarà possibile presentare una nuova legge sul tema.

Questa situazione comporta che chi, in Argentina, si dice dichiara contrario all’aborto, sia spesso posto sotto i riflettori dalla propaganda mortifera, ovviamente in maniera accusatoria. Forse gli abortisti credono che le intimidazioni possano intimorire i più, ma non hanno fatto i conti con il fatto che i pro life non solo sono numericamente molti, ma hanno dalla loro parte l’evidenza scientifica per cui la vita inizia fin dal concepimento e un dovere di testimonianza e difesa ben più solido delle posizioni ideologiche.

Avevamo riportato qualche settimana fa la testimonianza di cinque medici che si erano detti disposti a subire il carcere pur di non praticare aborti, evidenziando poi come, in tutta l’Argentina, avessero dichiarato la propria contrarietà a una possibile legislazione sull’aborto – che, nel testo bocciato, non contemplava la possibilità di obiezione di coscienza per i medici – oltre 300 ospedali e numerose associazioni professionali.

È invece di questi giorni la notizia che due medici, Leandro Rodríguez Lastra e Yamila Custillo, dovranno comparire a giudizio per difendersi dalle accuse di “violenza ostetrica” ​​e “abbandono del dovere di un pubblico ufficiale” per essersi rifiutati di praticare un aborto su una ragazza alla 22esima settimana di gestazione, vittima di uno stupro, che aveva assunto delle pastiglie per abortire e aveva dunque delle contrazioni.

Per comprendere appieno la vicenda è importante chiarire che, ad oggi, in Argentina l’aborto è possibile solo in caso di stupro o per salvare la vita della madre. Tuttavia, nel caso in esame, non solo non c’era alcun rischio per la madre, ma il bambino era in salute (e, probabilmente, se fosse nato avrebbe anche potuto sopravvivere, nonostante la grave prematurità) e i medici hanno raggiunto un accordo con la donna per cui le avrebbero somministrato dei farmaci per bloccare le contrazioni, in modo da far proseguire la gestazione fino alla 35 settimana, per salvare con certezza entrambe le vite.

Ebbene, alla deputata abortista Marta Milesi questo modo di procedere non è piaciuto e, “grazie” a lei, i due medici martedì prossimo dovranno comparire in tribunale. Staremo a vedere come andrà a finire: quel che è certo è che in Argentina, come peraltro oramai in quasi tutti i Paesi, il sovvertimento della concezione della pratica medica come a servizio della vita e la dittatura del pensiero unico di matrice individualista ed eugenetica sono sempre più radicati e pervasivi. E a pagarne siamo tutti noi, che vediamo la nostra libertà di pensiero e di espressione violata.

Teresa Moro

Fonte: Actuall

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