02/06/2018

Arrestati e rilasciati per aver offerto una rosa per la vita

Alle 9.00 di mattina di sabato 26 maggio, il sacerdote Fidelis Moscinski, insieme con Lauren Handy, Adele Gilhooley e una donna che si identifica come “Baby Jane Doe” sono entrati nel Capital Women’s Services di Washington, un centro in cui si praticano gli aborti – racconta un articolo di LifeSiteNews.

Lì, spiega padre Stephen Imbarrato, che ha coordinato l’azione pacifica, il sacerdote e le donne che erano con lui si sono recati per regalare rose rosse, simbolo di vita, a sostegno delle madri in gravidanza lì presenti.

L’operazione Red Rose Rescues trae ispirazione dall’operato della ben nota attivista pro life canadese Mary Wagner, già arrestata a Toronto per aver tentato di salvare donne e bambini dall’aborto.

Nel frattempo, sul marciapiede antistante vi erano altre quindici persone che pregavano ed offrivano consulenze sul tema dell’aborto e sulla possibilità di tenere in vita i propri bambini, un po’ come accade nelle tante altre veglie per la vita che si tengono nei pressi degli ospedali.

Le macchine della polizia erano già pronte fuori dalla clinica e dopo un solo quarto d’ora dall’inizio della preghiera e della distribuzione delle rose gli agenti sono entrati nel centro per arrestare il sacerdote con le tre donne.

Handy, una di loro, dopo essere stata rilasciata ha dichiarato: «Non ho mai provato dolore come ieri. Oggi non riesco a sollevare le braccia, sono coperta da strani graffi che mi lacerano e provocano lividi dappertutto, ma questo non è niente rispetto a quello che hanno sofferto ieri più di 4000 bambini».

Chi difende la vita sarà sempre attaccato con violenza dagli abortisti, perché spesso chi uccide i bambini o approva che questo accada non conosce altri modi di affermare le proprie ragioni.

Stranamente, a partire da Handy, tutti gli attivisti sono stati rilasciati nell’arco di pochissimo tempo, perché le accuse nei loro confronti sono state immediatamente ritirate. Un altro articolo di LifeSiteNews, infatti, spiega che l’anno precedente ad aver denunciato gli attivisti pro vita era stato il direttore del centro, questa volta, invece, è stato il responsabile degli aborti, Steven Brigham, soprannominato “il peggior abortista in America”.

Perché mai, dunque, ritirare le accuse? Forse, spiega una delle attiviste, perché non vuole che si indaghi su di lui. Già in passato, infatti, era stato accusato di omicidio. Pare che lo abbiano visto scappare mentre la polizia trovava i cadaveri di trentacinque bambini abortiti alla trentaseiesima settimana.

E questa è un’altra prova del fatto che chi fa del male, come gli abortisti, ha sempre qualcosa da nascondere. D’altro canto, invece, questi attivisti pro vita sono davvero ammirevoli e ci ricordano che vale davvero la pena lottare affinché si fermi questa continua strage degli innocenti che silenziosamente presegue indisturbata.

Redazione

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