07/07/2018

Austria: ammesso ufficialmente il terzo sesso

In Austria la legge dovrà contemplare la possibilità che le persone si identifichino nel sesso femminile, in quello maschile, o in un “terzo sesso”, la cui definizione non è ancora stata resa nota. A dare il via libera a tale decisione sono stati i giudici della Corte Costituzionale austriaca.

Niente più documenti e certificati ufficiali caratterizzati dal binarismo sessuale, dunque, in Austria: l’opera di infiltrazione dell’ideologia gender, che ha come obiettivo di fondo quello di negare il dato biologico secondo cui ogni persona è caratterizzata da un patrimonio XX oppure XY, è riuscita ad arrivare ai piani alti dello Stato.

Ma se anche tutte le leggi del mondo decretassero che gli asini volano, ai simpatici e pazienti quadrupedi spunterebbero per davvero le ali?

L’Austria è il terzo Paese, dopo la Germania nel novembre 2017 e l’Olanda nel maggio del 2018, a introdurre il cosiddetto “terzo sesso” e particolarmente interessante è la base giuridica su cui si basa la decisione della Corte di riconoscere «il diritto all’identità di genere individuale»: l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. 

L’articolo tratta del «diritto al rispetto della vita privata e familiare» e si dice che che lo Stato non può intromettersi nell’esercizio di tale diritto. Eppure, facendo salvo questo principio, risulta difficile comprendere perché l’Austria dovrebbe modificare la legislazione vigente per offrire forme di tutela complementari a quelle già esistenti e non supportate da evidenze oggettive, bensì fondate su un’ideologia non comprovata scientificamente.

Inoltre, pur citando l’art. 8 della Convenzione, i giudici sembrano non aver preso in considerazione quella parte del comma 2 ove si legittima un intervento dello Stato se necessario «[...] alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui». Il fatto di garantire anche a livello legislativo che i sessi sono due non è forse un baluardo a tutela della morale? E il binarismo sessuale pubblicamente riconosciuto non si può configurare come «una protezione dei diritti e della libertà altrui», considerata la discriminazione cui vanno incontro le persone che continuano ad affermare che si nasce maschi o femmine?

Ma il vero problema di fondo – della decisione presa dall’Austria, così come di molte altre decisioni odierne – è l’errata base su cui si fonda il diritto positivo, che si discosta dalla legge naturale e dalla cruda realtà: i sessi sono solo due. In tale prospettiva, è lecito tutto e il contrario di tutto: a vincere sulla natura umana è il relativismo assoluto e lo Stato non si configura più come un ente a servizio del bene comune, bensì – erroneamente – come il riferimento ultimo della vita sociale.

Teresa Moro

Fonte: TgCom24

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