27/02/2016

Bambini prematuri: “Mamma, quanto bene mi fa la tua voce!”

Sono molte le storie di bambini nati prematuri, che mostrano il trionfo della vita e che spesso mettono di fatto in discussione le leggi che consentono l’aborto, soprattutto laddove, per esempio in Gran Bretagna, è permesso fino alla 24esima settimana.

Succede, infatti, che nascano bambini prematuri anche dopo sole 23 settimane di gravidanza: Bambini che, con un coraggio da leoni e una grandissima voglia di vivere racchiusa dentro poche centinaia di grammi, riescono a crescere e a svilupparsi come gli altri bambini, nonostante la fretta di uscire dalla pancia della mamma.

E proprio la mamma è fondamentale per i bambini prematuri (oltre che per tutti gli altri neonati!). Per questi piccoli in modo particolare, infatti, a fare la differenza già dai primi giorni in cui vengono protetti negli ambienti ovattati dei reparti di terapia intensiva neonatale, è proprio la voce della mamma.

Sono molte le mamme che hanno condiviso, anche in rete, le loro esperienze riguardo lo stimolo cui sono sottoposti questi bambini così piccoli già nelle prime ore di vita. Essi si emozionano entrando in contatto con la loro mamma: sia per un contatto sia fisico, ad esempio con una carezza, sia sul piano uditivo.

E ora queste constatazioni vissute ‘in prima persona’ da tante mamme sono state confermate dagli esperti. Per gli studiosi dell’università di Harvard, infatti, a fare la differenza per i piccoli nati prematuri sarebbe la voce della mamma. Quando i piccoli sono sottoposti a questo tipo di stimoli infatti, come è stato dimostrato dallo studio condotto dai ricercatori della Harvard Medical School e presentato al congresso annuale dell’American Association for the Advancement of Science, reagiscono in modo diverso dal normale.

Non solo: in tutti i casi si è registrata una migliore capacità di recupero e una migliore crescita. I ricercatori hanno infatti chiesto alle mamme di registrare la loro voce mentre erano intente a leggere, cantare o parlare e hanno sovrapposto alla registrazione il suono del battito cardiaco del bambino. Per tutto il periodo di degenza nell’incubatrice i ricercatori hanno fatto ascoltare, quindi, questo suono ai bambini, per ricreare le condizioni in cui si sarebbero trovati se avessero concluso il loro sviluppo nell’utero materno. Tutti i piccoli hanno risposto bene a questo tipo di stimolo, mostrando migliori capacità di recupero.

Questo dimostra, secondo i ricercatori, che più le condizioni in cui vengono tenuti i prematuri si avvicinano a quelle naturali, maggiori saranno le possibilità di recupero e minore il rischio di danni collegati alla nascita prematura nelle diverse fasi della crescita.

Alla faccia di chi dice che la mamma è un concetto antropologico, che non c’è nessun legame tra madri e bambini e che l’utero in affitto è una buona soluzione...

Anastasia Filippi

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