20/09/2018

Bambini trans in UK in aumento del 4.400%. Perché?

Meglio tardi che mai, dice il saggio. Su questo portale già due anni fa avevamo lanciato l’allarme. Scrivevamo allora a proposito del Regno Unito: «Nel 2010 erano stati contati 97 casi di bambini con disforia di genere; 1.013 i casi registrati in soli nove mesi dello scorso anno.

medici britannici sono preoccupati. “Meno male”, diremmo, se non fosse che la loro preoccupazione è squisitamente economica, perché – pare – il SSN non ce la fa a sostenere questi ingenti costi», i costi dei farmaci che si devono usare per bloccare la pubertà dei bambini prima e per contrastare gli ormoni naturali dopo, quando essi “scelgono” di “cambiare sesso”.

Oggi invece pare che si siano “svegliati” anche al Governo di Sua Maestà: scrive Cenci su In Terris: «Il ministro delle Pari Opportunità, Penny Mordaunt, ha incaricato dei funzionari governativi di avviare un’indagine per capire il motivo per cui un numero impressionante di bambini ed adolescenti manifesta il desiderio di cambiare il proprio sesso biologico. Secondo un rapporto del Ministero della Salute, infatti, rispetto a dieci anni fa, si è registrato un aumento del 4.400 per cento».

Scrive ancora Cenci che Lucy Griffin, consulente psichiatra presso la Bristol Royal Infirmary, si è detta estremamente preoccupata per gli effetti a lungo termine che questi trattamenti potrebbero avere. Ad esempio, potrebbero causare infertilità ed osteoporosi. Anche di questo finalmente se ne sono accorti: gli effetti collaterali erano noti da sempre.

InTerris spiega anche la preoccupzione del «prof. Miroslav Djordjevic, famoso urologo d’origine serba, che ha detto: “Non riesco a credere che i cinquanta (pazienti, ndr) a settimana (che entrano nelle cliniche, ndr) saranno tutti transgender”. Sulla stessa lunghezza d’onda lo psichiatra Rober Lefever, il quale ricorda che “le diagnosi psicologiche sono questioni d’opinione” e dunque che “dobbiamo essere sicuri che stiamo trattando il bambino e non un problema psicologico di un genitore invadente”. Di qui la sua domanda se il disturbo di genere non sia diventato “di moda».

Damian Hinds, ministro dell’istruzione britannico, avrebbe detto che la colpa di questo, che oseremmo definire “impazzimento generale” dei bambini inglesi, è degli “studi gender”, che provocano “fonte di disorientamento” tra i ragazzini.

Gli inglesi, che hanno spalancato le porte al gender nelle scuole almeno dal 2014, pare che vogliano correre ai ripari: basta bagni unisex, basta linguaggio “neutro” e divise neutre, o ragazzi con la gonna? Vederemo.

A noi dispiace molto per i ragazzini inglesi. E vorremmo davvero che anche i nostri bambini non facciano la stessa fine.

Qualsiasi adulto ragionevole, naturalmente e istintivamente rafforza e conferma il “genere” conforme al sesso naturale dei bambini proprio con quei giochi e quelle espressioni che molti oggi considerano sessiti, omofobi e stereotipati: lasciamoli dire, lasciamoli strillare, non lasciamoli entrare nelle nostre scuole, e soprattutto non lasciamoli entrare nelle nostre teste.

Gli stereotipi, i veri stereotipi negativi da compattere sono ben altri.

Francesca Romana Poleggi

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