La diplomazia pro vita dell’amministrazione Trump ha portato a una serie di voti senza precedenti nelle Commissioni dell’Onu che si sono riunite nei giorni scorsi. L’obiettivo era quello di escludere l’aborto dalla politica delle Nazioni Unite, ma per ridurre i danni compiuti dalla precedente amministrazione Obama, sarà necessaria una volontà politica più forte.
I diplomatici statunitensi hanno introdotto, ritirato e reintrodotto una raffica di emendamenti dal terzo comitato per qualificare o eliminare il termine “salute sessuale e riproduttiva” in diverse risoluzioni Onu su donne e bambini, una ‘salute’ ormai divenuta sinonimo di aborto onnipresente nelle Nazioni Unite negli accordi negli ultimi anni. Com’era prevedibile, gli emendamenti degli Stati Uniti sono stati tutti sconfitti, sebbene fino a 44 Paesi abbiano sostenuto uno dei cinque emendamenti degli Stati Uniti presentati sul tema.
I voti hanno comunque mostrato quanto sia contestata la “salute sessuale e riproduttiva”, nonostante l’impegno per rendere il termine onnipresente. Gli Stati Uniti non sono isolati nella loro posizione pro vita, nonostante gli sforzi europei di fare apparire Trump un solitario difensore della vita. Un passo avanti importante ma verso il quale le tantissime Ong pro vita presenti all’Onu sono rimaste deluse: si chiedeva agli Usa che imponessero un voto palese sulle risoluzioni per mettere ogni Paese di fronte alle proprie responsabilità, l’Amministrazione Trump invece ha preferito una via ‘soft’ (voto agli emendamenti ma non sulle risoluzioni). Un buon passo, ma non sufficiente per invertire il ‘trend’ disastroso dell’Onu a favore dell’aborto. Ci si aspetta di più, il nuovo anno porterà più coraggio ai diplomatici Usa?
Luca Volontè