26/11/2018

Birgitte Vs il transgender “Sandra”: il processo “degli spogliatoi” svela la vera discriminazione

Si è concluso con una sentenza di assoluzione il processo detto “degli spogliatoi” che si è svolto in Norvegia: tutto era scaturito dalle proteste di una donna, Birgitte, nei confronti di un transgender, “Sandra”, che pretendeva di utilizzare lo spogliatoio di una palestra riservato alle donne. Alla prima obiezione di Birgitte che si trovò in pratica sbattuti in faccia i genitali di Sandra, questa rispose che aveva tutto il diritto di frequentare quei locali perché era donna. Va detto che Sandra aveva potuto cambiare sesso senza alcun intervento chirurgico, ma soltanto grazie alla legge sull’identità sessuale in vigore nel Paese. Basta insomma che uno dichiari di sentirsi donna e di voler essere considerata tale, pur essendo nato maschio, per ottenere il cambio di sesso all’anagrafe. Birgitte si rivolse ai dirigenti della palestra che le assicurarono un intervento risolutivo. Ma il fatto tornò a ripetersi e fra le due la lite divenne inevitabile.

Sandra decise allora di denunciare Birgitte per molestie. Ebbene, nonostante la pressione della stragrande maggioranza dei media e delle organizzazioni Lgbt schierati dalla parte del transgender nel denunciare l’ennesimo presunto caso di discriminazione sessuale, Birgitte è stata alla fine assolta, anche se il giudizio della corte non è stato unanime. In compenso però, dopo quanto accaduto, la donna ha deciso di non farsi più la doccia in palestra proprio per evitare di ritrovarsi di fronte a situazioni spiacevoli, come quella che si è trovata a dover affrontare. E secondo quanto denuncia la femminista svedese Kajsa Ekman «i nostri spazi si sono ristretti, questa è la conseguenza della legge sull’identità sessuale. I sentimenti delle donne e la loro sicurezza non sono considerati importanti. Se una persona protesta viene trascinata in tribunale. È chiaro che queste leggi non hanno nulla a che fare con il femminismo».

Avete capito bene? Una legge creata per superare una presunta discriminazione sessuale verso le persone transgender, ha finito per creare un’altra discriminazione molto più grave, impedendo alle donne di usufruire degli spazi loro riservati. Tutto ciò per consentire a un individuo nato in un corpo maschile, di poter soddisfare un proprio desiderio individuale, quale quello di essere considerato una donna. Con il paradosso che il “diritto” dei transgender a essere rispettati in base all’orientamento sessuale che si vogliono ritagliare su misura, prevale addirittura sul diritto all’intimità delle donne. Perché come può essere rispettata l’intimità di una donna nel momento in cui si trova di fatto costretta a condividere le docce con un uomo con tanto di attributi? E il fatto che questo si consideri donna, può bastare a garantire la sicurezza di non essere molestata? Alla fine a dover rinunciare agli spazi concessi dalla palestra, non è, come sarebbe logico, “Sandra”, colui cioè che vive il problema esistenziale di sentirsi donna in un corpo maschile, ma Birgitte e le tante donne come lei, di fatto “cacciate” dai loro legittimi ambienti e private di un diritto. Un altro esempio di un mondo a rovescio che nemmeno la Giustizia sembra in grado di raddrizzare.

Americo Mascarucci

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