27/06/2013

Blog abortista: Chi è pro-life non merita il voto femminile

Verrà mai il giorno in cui gli abortisti avranno una coscienza che li fermi dal calunniare le persone che non condividono le loro idee?  Non vi è da sperarci, se ci basiamo sull’arroganza dell’ultimo “sermone” di Jezebel [blog femminista, n.d.t.]. Katie JM Baker scrive sulla presunta incapacità del partito repubblicano di assicurarsi  il voto femminile, persino in presenza di donne pro-life di primo piano, come il governatore dell’Alaska Sarah Palin e Michelle Bachmann.

Certo, l’esser donne di Palin e Bachmann non è sufficiente a renderle, o rendere il loro partito, degni di essere  votati. Ma la Baker tratta l’argomento in modo triviale, dichiarando che la fonte dei loro problemi è semplicemente il fatto che “neanche alle donne frega qualcosa della maggioranza delle donne americane” [il riferimento è alle posizioni ostili all’aborto di buona parte dei repubblicani, n.d.t.].
Di contro, la Baker saluta Hillary Clinton come una statista apprezzata dalle donne, poiché costantemente supporta programmi femministi. Non dimentichiamo però che l’esperto di sondaggi del New York Times, Nate Silver, ha riscontrato che l’apprezzamento nei confronti del Segretario di Stato è recentemente sceso di nove punti percentuali da febbraio.

Nel corso della sua lunga carriera, le opinioni del pubblico sulla signora Clinton si sono spostate insieme con il suo ruolo pubblico. E’ facile essere popolare quando nessuno ti critica – e c’è stato un lungo periodo, dalle fasi di chiusura della campagna elettorale del 2008, fino alla maggior parte del suo mandato come Segretario di Stato, in cui i repubblicani hanno avuto poco interesse ad attaccare direttamente la signora Clinton.
La Baker sciorina l’intera litania delle rivendicazioni femministe, molte delle quali non toccano l’aborto. Le sue doglianze raccontano quelle che lei immagina essere le motivazioni dei conservatori; e poiché l’antipatia verso le donne non emerge altrove, non le rimane altro che insinuare che l’opposizione repubblicana all’aborto derivi dal sessismo.

Le donne vogliono colmare il divario salariale”, scrive; ma il divario salariale (wage gap) è un esercizio di manipolazione statistica, stante che la discriminazione di retribuzione basata sul sesso è illegale sin dal 1962 e che il più recente e mediatico progetto di legge nell’affrontare demagogicamente questo problema, il Lilly Ledbetter Fair Pay Act, contempla previsioni inutili per le discriminazioni ma molto utili per gli avvocati, ed è basato su un caso in cui la presunta vittima ha mentito, di fronte alla Convention Democratica Nazionale del 2012.
“Le donne vogliono politiche governative che impongano il congedo parentale ed il congedo per malattia, retribuiti”.
Questo è un classico esempio di populismo. Il congedo parentale e il congedo per malattia retribuiti sono belle cose, ma i soldi per realizzarli devono venire da qualche parte, e l’obbligo governativo a che ogni società fornisca un certo insieme di benefit significa che tale denaro sarà perso da qualche altra parte, sia esso nella busta paga dei dipendenti o in qualsiasi altra prestazione. Soprattutto, non può certo trattarsi di sessismo se i conservatori non sostengono misure analoghe neanche per i dipendenti di sesso maschile.

Le donne vogliono fare le proprie scelte quando si tratta della loro salute riproduttiva”.
Chiamare l’aborto “salute riproduttiva” è come chiamare la schiavitù “sicurezza imprenditoriale”, o dire semplicemente che i pedofili “amano i bambini”. I sondaggi hanno mostrato che non vi è unanimità di vedute in tema di aborto fra le donne, e che le donne sono in realtà più pro-life degli uomini su alcuni aspetti della questione. Il mese scorso, Gallup ha scoperto che il 57% delle donne ritiene che l’aborto dovrebbe essere legale solo in pochi o in nessun caso, rispetto ad appena il 40% che lo sostiene in tutti o quasi tutti i casi. Trattasi davvero di “gentil” sesso.
“In sostanza: il Partito repubblicano non può conquistare le donne perché non riesce a rispettarle, ma le ritiene sottomesse agli uomini, come detterebbe una rigida interpretazione della Bibbia e qualche vecchio barbogio”, scrive la blogger.
Forse dimentica che il dibattito sull’aborto è sulla vita dei bambini. Non si tratta di ruoli di genere, non si tratta di conquistare la casa o il posto di lavoro, non si tratta di purezza sessuale, e non si tratta di far rispettare un ideale religioso. Noi ci battiamo perché non vogliamo che i figli vengano uccisi. E’ così semplice.

Traduzione e adattamenti a cura di Vincenzo Vittorino

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da LifeNews in lingua inglese

di Calvin Freiburger

Festini

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