12/07/2017

Charlie e quel “pasticcio” planetario chiamato eutanasia

Riportiamo alcuni stralci di un articolo scritto da Assuntina Morresi su L’Occidentale dell’11 luglio, all’indomani dell’udienza che ha sentenziato altri giorni di angoscia e incertezza per Charlie Gard e i suoi genitori.

Charlie: chi ha diritto a vivere

«L’udienza per Charlie è rinviata a giovedì 13 luglio perché il giudice non ha voluto sentire ragioni ed è rimasto della sua opinione, evidentemente condivisa dai medici del Great Ormond Street Hospital (GOSH): il massimo interesse di Charlie è morire, perché non potrà mai guarire».

Charlie non può lasciare il GOSH, non può andare in un altro ospedale dove magari tenterebbero una terapia sperimentale, per quanto dagli esiti incerti. «Come hanno riportato le agenzie, secondo la cosiddetta “Alta Corte” inglese al momento esistono diverse e ampie prove che la stessa terapia sperimentale non modificherebbe “il profondo e strutturale danno cerebrale” del bambino.

E non perché lui soffra: quella è un’ipotesi e niente vieta, nell’incertezza, di dare antidolorifici (e forse già lo fanno, non lo sappiamo). Il problema è che quella vita, di per sé, per quei medici e quei giudici non è tollerabile: Charlie è senza speranza, non si può muovere e non è in grado di respirare né di nutrirsi da solo. E se non ci sono cure che possano migliorare sensibilmente quella condizione, non resta che farlo morire. Questo per loro significa tutelarlo».

La questione si gioca, sottolinea la Morresi, sulla qualità di vita di Charlie. Ma qui si vanno ad aprire scenari importanti: cosa bisogna fare, eutanasia per tutti i cerebrolesi che non hanno speranza di guarire o di condurre una vita “accettabile”?

«Per i genitori di Charlie invece la speranza è un rischio da correre (come diceva Bernanos) e il loro bambino ha diritto a una chance, pur remota e a prescindere dall’esito: la sua vita è preziosa e ha un senso, anche così. E’ loro figlio. Perché rifiutare l’opportunità di una sperimentazione, offerta non da ciarlatani di passaggio ma da autorevoli esperti? Ma soprattutto nessuno ha ancora spiegato quale sarebbe la controindicazione a passare alle cure palliative lasciando attaccati respirazione e nutrizione assistita».

Inoltre, sottolinea ancora la Morresi, il GOSH sta facendo una pessima figura: da ospedale d’eccellenza, a ospedale dove si uccidono i bambini... «Ma è un “effetto collaterale” che hanno deciso di accettare: evidentemente per quei medici sarebbe peggio se il bambino, una volta fuori dal loro ospedale, vivesse di più di quanto preventivato, o addirittura – orrore orrore – migliorasse anche solo nell’autonomia del respiro. Sarebbe la prova definitiva del fatto che loro i disabili gravi, quelli senza speranza, li lasciano morire».

Ogni genitore ci pensi: se potesse scegliere, dopo questa vicenda, porterebbe mai il proprio bambino al GOSH?

«Probabilmente al GOSH sperano di portarla ancora un po’ per le lunghe, e pensano che Charlie nel frattempo risolva da solo questo pasticcio planetario, morendo, come tutti gli altri piccoli colpiti dalla stessa terribile malattia. Magari alla fine di luglio, quando la gente è in ferie, distratta, e magari la smette con tutto questo fracasso internazionale. E infatti voci “autorevoli” si sono levate in questi giorni, chiedendo quel silenzio che farebbe tanto comodo alle autorità inglesi.

Che si rassegnino. Noi non molliamo. Continueremo a sostenere Charlie, il suo diritto a tentare, il suo diritto a essere sostenuto fino alla fine della sua vita, il suo diritto a non essere ucciso in nome del suo massimo bene».

Assuntina Morresi


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