Women’s Rights Without Frontiers ha stilato documento di protesta contro le politica del figlio unico cinese e l’ha presentato alla Commissione delle Nazioni Unite che si occupa della tutela dei diritti delle donne (United Nations Commission on the Status of Women ,UNCSW).
Il documento riporta gli ultimi casi in cui la barbarie della politica cinese è trapelata oltre la Cortina di bambù ed è giunta fino a noi. Perché non bisogna stancarsi di ripetere che le violenze sulle donne e i bambini cinesi sono reali e attuali, fino all’ultima vittima, del maggio scorso, a Yuyue Town, nell’Hubei, morta per l’aborto forzato quando era incinta di 6 mesi.
Si discute inoltre la stretta connessione tra la politica del figlio unico cinese, la schiavitù sessuale, e il traffico di esseri umani che essa comporta.
Il documento chiede alla UNCSW di investigare sull’UNFPA (United Nation Population Fund), che è stata dimostrata complice e finanziatrice della suddetta pratica cinese.
La Presidentessa di Women Right’s Without Frontiers, Reggie Litlejohn, ha sottolineato che – non a caso – la Cina ha il più alto tasso di suicidi femminili del mondo.
Da sempre WRWF chiede al Partito Comunista Cinese di fermare immediatamente la brutale politica di pianificazione familiare in atto, e chiede alla Comunità internazionale di intervenire in tal senso, nei confronti del Governo di Pechino.
di Francesca Romana Poleggi