12/10/2018

Dittatura in Svizzera: si va in galera per il reato di opinione

Carcere assicurato in Svizzera per chi si macchia del nuovo reato di omo-transfobia.

Con 118 voti a favore e 60 contrari, il Consiglio Nazionale elvetico ha approvato la proposta di legge: nel codice penale è stato introdotto il reato di omo – transfobia all’interno della normativa che vieta «incitamento all’odio o alla discriminazione contro una persona o un gruppo di persone sulla base della loro affiliazione razziale, etnica o religiosa».

La proposta che sta per diventare legge, è giunta dal consigliere nazionale del partito socialista Mathias Reynard.

Non appena la legge entrerà in vigore, in Svizzera le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere verranno perseguite d’ufficio, al pari dei reati di razzismo, e saranno punibili con il carcere fino a 3 anni. La palla passa adesso al Consiglio degli Stati (Camera Alta) che dovrebbe approvare questa proposta nel mese di dicembre.

Tra gli oppositori della nuova norma, Yves Nidegger, dell’Unione Democratici di Centro il quale ha posto l’accento sull‘impossibilità di definire giuridicamente il reato di discriminazione in base all’identità di genere e si chiede se, a questo punto pedofilia, bisessualità, gerontofilia, necrofilia, feticismo, zoofilia e così via, visto che la creatività in questo settore è inesauribile, sono orientamenti sessuali che devono essere protetti o meno.

L’impostazione ideologica di simili proposte di legge, come il ddl Scalfarotto, presenterebbe un’altra grave questione: l’introduzione di una figura di reato sulla base di un concetto (quello di omofobia e di transfobia) non definito.

In assenza di norme che indichino con chiarezza in cosa consista, la natura di reato omo-transfobico, rischia di essere stabilita, di volta in volta, dal magistrato di turno, finendo per dipendere unicamente dalle sue personali convinzioni etico-morali, in barba al principio di oggettività e tipicità del reato.

Invece, in uno stato liberale e democratico, il cittadino deve sapere preventivamente e con chiarezza, cosa si considera “reato”, altrimenti si rischia di tornare ai tempi dell’Unione Sovietica e del reato di “attività controrivoluzionaria” che nessuno sapeva cosa fosse, ma che faceva finire nei gulag.

Di qui la natura profondamente liberticida di simili disegni di legge. Risulta inoltre giuridicamente infondata, in Svizzera come in Italia, l’estensione della normativa che punisce l’odio razziale e religioso, all’orientamento sessuale e all’identità di genere, perché analoga protezione potrebbe essere invocata da altre categorie oggetto di pesanti discriminazioni: disabili e obesi, ad esempio, ma in teoria, da chiunque si senta discriminato, in base alla propria percezione.

Infine, come ha fatto notare il giornalista Piero Ostellino in un editoriale di qualche tempo fa, sul Corriere della sera, «Non riesco a capire perché picchiare un omosessuale sarebbe un’aggravante, mentre picchiare me che sono “solo” un essere umano senza particolari, selettive e distintive, qualificazioni sessuali sarebbe meno grave. Picchiare qualcuno è un reato. Punto, basta e dovrebbe bastare».

Ma tutto ciò può essere vero solo se si parte dal presupposto che tutti gli uomini sono uguali davanti alla legge ed è evidente che oggi non è già più così.

Manuela Antonacci

Fonte:
LifeSiteNews

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