10/04/2018

Donne per le donne, contro l’aborto: vere femministe

Le pioniere del femminismo in America, le prime donne  a battersi per l’emancipazione femminile, non consideravano affatto l’aborto come un diritto né come una conquista necessaria all’emancipazione.

Elizabeth-Cady-Stanton_aborto_donne

Il 5 febbraio 1868, su  The Revolution , la  Elisabeth Candy Stanton (nella foto qui a sinistra) si riferiva all “assassinio di bambini, prima o dopo la nascita” come un “male, sempre”.

Elizabeth Blackwell, la prima delle donne medico degli Stati Uniti, si è sempre schierata

Elizabeth-Blackwell_aborto_donne
Elisabeth Blackwell

  contro l’aborto: una  “grossolana perversione”.  Tanto da auspicare che mai si chiamassero con l’onorevole termine di “medico” quelle donne che facevano abortire altre donne: il  “totale degrado” di ciò che potrebbe e dovrebbe diventare una professione nobile per le donne.

Un’altra femminista ante litteram, Susan B. Anthony, già scriveva lucidamente che l’aborto era un sistema per deresponsabilizzare gli uomini e la società rispetto a un problema – la gravidanza indesiderata – che veniva quindi a gravare tutto sulle spalle dellelle donne: e poi sono le donne che in definitiva commettono il gesto: «Sarà un peso sulla loro coscienza per tutta la vita: quando invece è  tre volte più colpevole lui, che l’ha spinta alla disperazione, che l’ha spinta al crimine!»

L’aborto libero è nell’interesse degli uomini, non delle donne

E infatti, l’aborto è diventato il centro delle rivendicazioni femministe solo molto più tardi, quando degli uomini – sostenitori della rivoluzione sessuale – hanno cominciato a fare propaganda  alla  contraccezione e all’aborto: per “liberare” le donne, o per liberare dalla responsabilità gli uomini che aspiravano a una vita sessuale promiscua e spensierata?

Subverted_DonneLa giornalista Sue Ellen Browder, in un saggio intitolato Subverted sottolinea come  Lawrence Lader e Bernard Nathanson abbiano fondato il NARAL, ma senza il coinvolgimento del movimento femminista non avrebbero potuto ottenere niente. Dopo anni di tentativi, Lader ha convinto Betty Friedan a includere l’aborto nella sua piattaforma politica, nonostante il fatto che Friedan fosse inizialmente contraria all’aborto. E come  convinse  la Friedan che le donne avevano bisogno dell’aborto per essere veramente libere? Lo fece esagerando grossolanamente il numero di donne che abortivano clandestinamente e il numero di quelle che  morivano per aborto clandestino.

A poco a poco , le donne si convinsero che erano i  figli a impedir loro di  raggiungere l’uguaglianza. Alle donne viene insegnato che la maternità non consente il raggiungimento di altri obiettivi, sogni o realizzazioni: se le donne volevano essere uguali agli uomini, dovevano negare la fondamentale e bella differenza biologica tra i due sessi. Dovevano rifiutare la vita ai loro figli.

Oggi, oltre il 70% delle donne che abortiscono dichiara di averlo fatto perché  sotto pressione. La pressione arriva da fidanzati o mariti che minacciano di lasciarle,  la pressione arriva da genitori che minacciano di cacciarle di casa, pressioni arrivano dalla società che le convincono che un figlio è un male: pressioni che riducono le donne alla solitudine interiore e alla disperazione.

L’aborto non significa uguaglianza. Non è sinonimo di libertà. L’aborto è oppressione. Donne come la Stanton, la Blackwell e la  Anthony l’avevano capito già alla fine dell’ 800.

Le Donne della Redazione

Fonte: Live Action

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.