04/06/2013

El Salvador e l’aborto

Da qualche giorno una triste vicenda sta trovando un’eco sempre maggiore nei media di tutto il mondo: nella Repubblica di El Salvador una donna di 22 anni di nome Beatriz malata di lupus, incinta di 26 settimane di un bimbo con una grave malformazione (anencefalia), ha chiesto di poter abortire perché la gravidanza, se portata avanti, rischierebbe di farla morire.

Questa richiesta, che trova l’appoggio del personale sanitario che l’ha in cura e del Ministro della Salute salvadoregno, è stata respinta dalla Corte Costituzionale del El Salvador in quanto la Costituzione dello stato latinoamericano vieta l’aborto procurato in ogni caso e punisce coloro i quali lo praticano clandestinamente. Questi finora, i fatti.
Come era facile prevedere, su questa drammatica situazione si sono gettate come avvoltoi le solite lobby abortiste e femministe, le quali per l’occasione, hanno rispolverato tutto il loro solito  menzognero armamentario: si parla quindi di “autodeterminazione” della donna, di “femminicidio”, di “aborto terapeutico”, di presunti “diritti” negati, ecc.

Il tutto ovviamente allo scopo di ottenere la legalizzazione dell’aborto grazie all’appoggio di un’opinione pubblica sempre più appiattita sulle posizioni “pro-choice”. Infatti lo sfruttamento della carica emotiva che certi tragici casi-limite inevitabilmente comporta, è una costante dello sporco lavoro delle lobby abortiste: è stato così per il caso di Savita Halappanavar, la donna morta in Irlanda qualche mese fa o della bimba di nove anni di Recife in Brasile costretta ad abortire nel 2009, solo per citare due casi molto noti; si prendono appunto questi tragici avvenimenti, si dà loro un peso mediatico notevole e li si usa per aprire una prima falla nelle leggi di un paese, magari al principio limitando l’aborto ai soli casi di vittime di stupro o in quelli in cui la vita della madre è in pericolo, ma per poi allargare tale pratica indiscriminatamente, quando l’opinione pubblica si è ormai assuefatta al male.

Ora, per il caso di Beatriz si sta parlando molto di “aborto terapeutico”, dando per scontato che esso sia una “verità scientifica”, un “diritto” che ogni donna avrebbe per tutelare la propria salute; inoltre il bambino presenta una grave malformazione e, a quanto sostengono i medici, è destinato a vivere molto poco. Quindi viene fatto questo ragionamento: poiché la vita della madre è in pericolo e poiché il bambino è destinato a una vita breve e dolorosa, il bambino va eliminato.
Questo ragionamento è una vera e propria aberrazione per almeno due motivi:
– Innanzi tutto bisogna ribadire con forza che “l’aborto terapeutico” non esiste: infatti per un fine buono, vale a dire la salute della madre, mai si può compiere un male, cioè l’omicidio del figlio innocente: sarebbe infatti come parlare di “omicidio terapeutico”. Se infatti una gravidanza minaccia la salute e la vita della madre ciò capita senza l’intenzionalità da parte del figlio, il quale è chiaramente una persona innocente e come tale non può essere ucciso. “L’aborto terapeutico”  è inoltre una contraddizione in termini, dal momento che per “terapia” si intendono tutte quelle cure e quei procedimenti volti a migliorare la vita; come può quindi una terapia comportare l’eliminazione di una vita?

– Inoltre il fatto che il bambino sia malformato e abbia una breve aspettativa di vita, nulla toglie alla sua dignità e inalienabilità di essere umano; al contrario proprio perché con gravi problemi esso ha diritto a maggiori cure e attenzioni, con buona pace della strisciante mentalità eugenetica. Sostenere  infatti che dal momento che il bambino è già condannato tanto vale sopprimerlo è una vera e propria aberrazione, perché l’uccisione diretta è ben diversa cosa rispetto alla morte naturale, anche quando la prima si presenta ammantata da una falsa pietà.

Si deve ricordare che nei casi nei quali il bambino in grembo possa minacciare la vita della madre, è moralmente lecito anticipare artificialmente la nascita del bambino quando questo giunga ad avere la possibilità di vivere al di fuori del grembo della madre.
Quindi, per concludere, nessun aborto può mai essere “terapeutico” ma esso è e rimane solo e semplicemente quello che è, vale a dire un omicidio.

di Marcello Riccobaldi

Blu Dental

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