10/02/2017

Eutanasia: chi la vuole non la chiede per non sentire dolore...

Uno dei luoghi comuni su cui si fonda la propaganda dell’eutanasia è l’insopportabilità del dolore.

Riguarda soprattutto i malati oncologici: a che pro vivere gli ultimi mesi (o anni) tra dolori laceranti e senza speranza di cura? L’eutanasia è “eu”, bella, morte: una punturina, oppure un sonno profondo finché l’organismo privo di cibo e acqua non si spegne.

La propaganda ignora o – più probabilemente – fa finta di ignorare che il dolore non è la ragione per cui i malati terminali chiedono l’eutanasia. Anche perché le terapie del dolore sono sempre più efficaci e la palliazione produce effetti benefici sempre più duraturi.

Un rapporto del National Institute of Health (che è un’agenzia governativa americana, non un gruppo prolife) ha rilevato che i motivi per i quali più frequentemente si chiede l’eutanasia sono motivi psichici o psichiatrici: depressione, disperazione, l’esser dipendenti – e quindi di peso – agli altri, la perdita di controllo o di autonomia.

Nonostante ciò, le proposte di legalizzazione dell’eutanasia, come quella al vaglio della Camera dei deputati, non richiedono uno screening psichiatrico del paziente, prima di assecondare le sue richieste di morte.

Proprio quelli che si fanno paladini della causa dell’autodeterminazione e della libertà non si curano di sapere se la volontà del moribondo è davvero libera e rettamente formata. Né si prevedono clausole di salvaguardia dalle pressioni esterne che i familiari, gli eredi o gli operatori sanitari possano esercitare più o meno consapevolmente (anche dolosamente) su un malato.

La legalizzazione dell’eutanasia lascia le persone più vulnerabili  – i disabili, gli anziani, e coloro che combattono malattie mentali – in balia dei meccanismi perversi di una legge che offre la morte (“bella”, eutanasia) come soluzione di tutti i problemi.

Redazione


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