15/06/2017

Eutanasia: l’opposizione di 125 giuristi portoghesi

Come in Italia, anche in Portogallo c’è grande dibattito in tema di eutanasia, che diversi esponenti politici vorrebbero legalizzare in nome dell’autodeterminazione del paziente e della compassione verso chi soffre.

Tra le manifestazioni del fronte pro-life, raccolto attorno al movimento STOP eutanásia, è degna di nota la lettera aperta che 125 giuristi hanno inviato al Parlamento per chiedere la completa cancellazione di ogni progetto di legge volto a introdurre eutanasia o suicidio assistito nel Paese. In discussione infatti c’è la proposta di depenalizzare sia l’omicidio su richiesta della vittima (attualmente condannato dall’art. 134 del Codice Penale), sia l’incitamento o l’aiuto al suicidio (vietato dall’art. 135 del Codice Penale).

I giuristi sottoscrittori dell’appello si soffermano su alcuni punti critici che un’eventuale legge metterebbe in discussione.

Innanzi tutto ricordano che uno dei fini principali dello Stato è garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Proprio per questo l’ordinamento giuridico portoghese punisce le condotte intenzionalmente dirette a causare la morte di un’altra persona, anche quando a chiedere l’omicidio o il suicidio è la stessa vittima. Ma con l’introduzione dell’eutanasia questo principio fondamentale che dà legittimità allo Stato (ovvero la tutela dell’integrità fisica dei cittadini) verrebbe inesorabilmente meno.

In secondo luogo i 125 ribadiscono che il diritto non può permettere che alcune persone vengano considerate di “serie B”. Se infatti passa il principio che per alcuni la morte è un bene giuridico da garantire, significa riconoscere che vi sono cittadini la cui esistenza non è degna di essere vissuta. Ma chi lo stabilisce? Chi può oggettivamente giudicare il grado di tollerabilità del dolore? Chi può arrogarsi il diritto di mandare a morte alcuni e non altri? E nel momento in cui i malati gravi o terminali vengono considerati indegni di vivere, non si eserciterebbe forse un’indebita pressione psicologica sugli stessi (o almeno su quelli ancora in grado di intendere e di volere) affinché “tolgano il disturbo” e chiedano l’eutanasia? E tutto ciò può davvero essere considerato autodeterminazione del paziente? Finora invece il diritto portoghese riconosce e tutela l’intrinseca dignità di ogni essere umano, a prescindere dal suo stato di salute.  

Gli esperti in legge poi non mancano di notare ciò che dovrebbe essere ovvio: prevedere l’eutanasia solo per certi casi limite, particolarmente dolorosi e drammatici è in realtà la classica falla nella diga che prima o poi porterà all’omicidio di massa di chiunque sia stanco di vivere (in Belgio e Olanda basta essere depressi per chiedere e ottenere di morire). In una società edonista, consumista e utilitarista come la nostra, chi è gravemente malato (ma anche un semplice anziano o un bambino) viene irrimediabilmente considerato inutile perché non produce, non può divertirsi ed è un peso per le casse dello Stato: dunque deve essere eliminato.

In definitiva, nella lettera inviata al Parlamento portoghese i giuristi chiedono di non aprire alcun varco nell’ordinamento giuridico attualmente in vigore. Legittimare l’omicidio attraverso l’introduzione dell’eutanasia, comporterebbe l’apertura di un vulnus le cui conseguenze future sarebbero difficilmente gestibili e controllabili.

Un monito anche per l’Italia.

Federico Catani


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