28/01/2017

Eutanasia = risparmio: conviene, c’è la crisi!

Uno dei motivi che spinge i cultori della morte a voler legalizzare l’eutanasia è il bisogno economico.

C’è la crisi, si sa. Bisogna risparmiare, bisogna contenere le spese. Dato che non si può rinunciare all’ultimo modello di iPhone o alla vacanza esotica, sarà bene tagliare laddove si può...

Ed è innegabile che i malati, gli handicappati e gli anziani comportino dei costi, in termini economici. Quindi la loro eliminazione consentirebbe certamente un bel risparmio di denaro.

Per non parlare della preoccupazione, del tempo, della fatica e dei fastidi che essi arrecano. Se li togliamo di mezzo, poverini, smettono di soffrire, loro stanno “meglio”... e pure quelli che restano (?).

Un nuovo studio pubblicato sul CMAJ (Canadian Medical Association Journal) calcola che con l’eutanasia, in Canada, si possono risparmiare fino a 138 milioni di dollari l’anno.

Nel grande Paese nordamericano, quindi, si sta aprendo la strada al Mondo Nuovo (quello distopico di Aldous Huxley) con una legge che permette non solo ai medici, ma anche agli infermieri di somministrare l’eutanasia, cioè di uccidere i malati. Il risultato ottenuto finora dalla legalizzazione dell’eutanasia lo conosciamo: circa 750 morti nelle prime 24 settimane dalla sua legalizzazione...

E’ sempre più stringente, quindi, la necessità di mostrare la realtà dell’eutanasia. Ovunque è stat legalizzato l’omicidio,  la morte ha dilagato, i “paletti” posti dalla legge si sono spostati sempre più in là, gli abusi sono divenuti normale prassi.

Si comincia quasi sempre molto alla lontana, in modo viscido, con le parole giuste: guardate alla proposta di legge italiana. Un gran parlare di “consenso informato”, di “diritti dei malati” ecc. ecc. Poi il “diritto alla autodeterminazione”. Altro principio “sacrosanto”... Poi al paziente si dà il diritto di costringere il medico a fare quel che vuole lui (e già qui qualsiasi persona sensata dovrebbe porsi il problema: e la libertà di coscienza del medico? e la sua deontologia professionale? E il paziente ne sa più del medico?).

Poi il diritto di costringere il medico tramite terza persona (il “fiduciario”). E anche qui ci si dovrebbe chiedere se sia giusto che questo “fiduciario” debba avere più autorità di un medico.

E quindi si infilano in mezzo ai “trattamenti sanitari” (che giustamente fanno pensare a flebo, operazioni, macchinari e medicine) «le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali» (si veda l’art. 3 della pdl). Come dire che dare da mangiare e da bere a una persona non autosufficiente equivale a un “trattamento sanitario”.  Anche dare il biberon o la pappa a un bimbo piccolo?

Beh: anche gli omogeneizzati costano. Chissà quanto si risparmierebbe a lasciar morire di fame un certo numero di bambini piccoli (magari gli orfani, o i trovatelli...)

Francesca Romana Poleggi

 



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