Nel corso del summit del G7 di quest’anno in Quebec si è concretizzata una vittoria prolife che certamente non viene alla ribalta, nell’ambito delle varie questioni di geopolitica che fanno da protagoniste in queste circostanze.
I nostri Lettori sanno che i funzionari canadesi erano stati espliciti nel mettere in agenda la promozione dll’aborto, con la solita scusa della salute sessuale e riproduttiva delle donne.
Ma i documenti finali emanati dal G7 sono stati “epurati” dal linguaggio caro alla propaganda mortifera relativo ai “diritti riproduttivi”: merito della delegazione statunitense, secondo alcuni organi di informazione.
Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha caratterizzato il suo governo per una politica radicale e “pseudo – femminista” (“pseudo” perché le vere femministe dovrebbero innanzitutto essere antiabortiste).
Come ospite del G7, il Canada ha quindi istituito un “Consiglio consultivo per la parità di genere” che – per esempio – chiedeva agli Usa il ritiro della “politica di Città del Messico” e quindi il ripristino del finanziamento dell’aborto a livello internazionale.
Invece, nel documento finale si parla solo di parità di genere, tra uomo e donna; ed è questo, a detta del ministro degli esteri canadese, Marie-Claude Bibeau, il principale risultato del G7.
L’ultima volta che il Canada ha ospitato il G7 (quindi il G8) è stato nel 2010, quando l’allora Primo Ministro Stephen Harper aveva lanciato l’iniziativa Muskoka, uno sforzo globale per migliorare la salute materna e infantile nel mondo, senza fare riferimento all’aborto. L’allora Segretario di Stato statunitense Hillary Clinton, lo criticò pesantemente. Al G7 di oggi, le posizioni delle amministrazioni dei due Paesi nord americani si sono invertite.
Redazione
Fonte: LifeSiteNews