04/01/2019

Germania: il parlamento si adegua al gender con il “terzo sesso”

Com’è noto, un po’ in tutto il mondo, l’ideologia del gender avanza a colpi di sentenze della magistratura, alle quali il parlamento tende ad adeguarsi in tempi piuttosto brevi. Non fa eccezione la Germania. È di pochi giorni fa l’approvazione da parte del Bundestag di una legge che riconosce il “terzo sesso”, ovvero il diritto a non essere identificati né come maschi, né come femmine. Una decisione analoga era giunta nel 2017 dalla Corte Costituzionale tedesca.

Sulla carta d’identità, il termine divers (diverso) potrà apparire in luogo di “maschile” o “femminile”, a indicare quelle persone che nascono con caratteristiche non attribuibili ai due sessi. I giornali tedeschi riportano che in tutto il mondo vi sono almeno 30 milioni di “intersessuali”, di cui 80.000 in Germania. Il primo ricorso era stato presentato nel 2013 da un cittadino, cui era stato concesso di non marcare alcuna delle due caselle “maschio” o “femmina”. Troppo poco per il ricorrente che, sostenuto dall’associazione Dritte Option (terza opzione), è arrivato dopo tre anni all’ultimo grado di giudizio, vedendosi riconoscere il diritto alla “intersessualità”.

«L’attribuzione del sesso è estremamente importante per la definizione di un’identità individuale», si legge nella sentenza emessa lo scorso anno dalla Corte Costituzionale. I sostenitori della Dritte Option, tuttavia, promettono ancora battaglia per una modifica della nuova legge in senso ancora più radicale, onde evitare equivoci e incomprensioni.

Tra i primi Paesi a riconoscere legalmente il “terzo sesso” c’è stata l’Australia, nell’aprile 2014. Anche in quell’occasione, il riconoscimento avvenne per via giurisprudenziale, allorché la Corte Costituzionale australiana accordò a Norrie May Welby, nato maschio, il diritto a non essere identificato nei documenti né come maschio, né come femmina. Siamo di fronte a un vero e proprio caso di gender fluid: May Welby si era infatti sottoposto a un intervento per cambiare sesso ma non si era trovato a suo agio nella nuova identità femminile, preferendo autodefinirsi “neutro”. Un anno dopo, nel 2015, è stata la vicina Nuova Zelanda a riconoscere l’intersessualità, ma solo nell’ambito degli istituti statistici.

Risale all’aprile 2014 anche il riconoscimento da parte dell’India: la Corte Suprema di Delhi ha legittimato l’opzione burocratica per il “terzo sesso”, nonostante l’ampia contrarietà alla cultura Lgbt in molti gruppi conservatori del Paese asiatico. Paradossalmente, in India, l’omosessualità è ancora considerata reato dal codice penale e, nel dicembre 2013, la stessa Corte Suprema aveva respinto un ricorso contro il ripristino di detto reato.

È infine dell’estate 2017 l’introduzione del “terzo sesso” in Canada, dove però il cambiamento è di marca governativa. Dal 31 agosto 2017 i cittadini canadesi possono scegliere di registrare sul proprio passaporto la menzione del genere X, anziché maschile o femminile.

Altri Paesi che hanno legittimato l’intersessualità sono il Nepal, il Bangladesh e il Pakistan. È davvero curioso che all’avanguardia di tale movimento vi siano paesi a larghissima maggioranza islamica, dove il fondamentalismo religioso è particolarmente diffuso...

Luca Marcolivio

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