29/08/2018

Grandi imprese contro l’omofobia al WC

I paladini dei ‘diritti’ LGBTQIA(...), che combattono attivamente e strenuamente contro l’omofobia, sembrano mossi da alti ideali di uguaglianza, di non discriminazione, di inclusività... “Sembrano...”

Infatti, sono molte le grandi imprese che si indignano per l’omofobia dei governi federati, negli Stati Uniti, e che si dichiarano votate al rispetto dei ‘diritti civili’, ma che fanno affari d’oro fuori dagli Stati Uniti, in Paesi che vantano record piuttosto negativi quanto a tutela dei diritti umani, in generale. E in particolare operano e prosperano anche in luoghi dove l’omosessualità è addirittura reato, passibile di condanna a morte.

In America il governo del Mississippi, per esempio, ha emanato norme a favore della libertà di coscienza, quindi norme contro la discriminazione di coloro che non condividono la ‘morale’ LGBTQIA(...). La legge s’intitola Protecting Freedom of Conscience from Government Discrimination Act (Legge per la protezione della libertà di coscienza dalle discriminazioni governative) e – a differenza del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili – garantisce il diritto all’obiezione di coscienza per tutta una serie di soggetti ed enti che non desiderano essere coinvolti nella celebrazione dei ‘matrimoni gay’. Per esempio, le organizzazioni religiose non possono essere costrette a utilizzare le loro strutture per festeggiare o celebrare matrimoni che esse non riconoscono come tali; le organizzazioni religiose, le università e organizzazioni che dispensano servizi sociali possono continuare a tenere il personale, le politiche abitative e i programmi in materia di aborto, educazione sessuale, orientamento sessuale, etc., che riflettono le loro convinzioni morali; le agenzie per l’adozione possono continuare a operare secondo quello che per loro è il sommo bene degli adottandi e quindi possono rifiutare di affidare i bambini alle coppie non sposate, ai single o agli omosessuali; pasticceri, fotografi e fiorai e comunque coloro che servono l’allestimento dei matrimoni possono rifiutarsi di servire coppie omosessuali. I dipendenti statali non possono essere licenziati o perseguiti o imprigionati per aver espresso le loro opinioni sul matrimonio; possono inoltre scegliere di non redigere e firmare licenze matrimoniali per coppie gay (fintantoché questo non ritardi o impedisca la celebrazione); medici, paramedici e assistenti sociali non possono essere obbligati a partecipare all’iter di cambiamento del sesso, fermo restando la garanzia per chiunque alle cure di emergenza e al diritto alla visita degli ammalati; le imprese private e le scuole, e non i burocrati, decideranno come organizzare bagni e spogliatoi nelle loro strutture.

Questi soggetti, in questi contesti, ha detto il Governatore del Mississippi Phil Bryant, vanno protetti da leggi e provvedimenti governativi punitivi che li costringano a compiere atti contrari alle proprie credenze morali e religiose. Evitare l’interferenza del governo nella vita privata della gente non toglie diritti a nessuno e non impedisce nemmeno la celebrazione dei “matrimoni” gay legittimata dalla Corte Suprema.

Le minacce di boicottaggio e di ‘delocalizzazione’ da parte delle grandi imprese, dei cineasti di Hollywood e degli enti sportivi, però, hanno fatto desistere altri governi, per esempio quello del West Virginia e della Georgia, dal promulgare norme analoghe, già approvate dai rispettivi Parlamenti.
Chissà se anche qui da noi prevarrà il buon senso e il diritto alla libertà di opinione e di religione, come in Mississippi. Molti dei nostri Primi Cittadini hanno sollevato il problema dell’obiezione di coscienza alla celebrazione del ‘matrimonio gay’, in occasione della discussione alla Camera del ddl Cirinnà. ProVita ha presentato in una conferenza stampa al Senato la richiesta ufficiale dei primi cento Sindaci che hanno aderito alla protesta.
Considerando la scarsa attitudine democratica dimostrata in più occasioni dal Governo e dalla Pubblica Amministrazione italiana, il dubbio che tale istanza venga ascoltata è più che legittimo.

C’è poi la tragicomica guerra dei gabinetti e degli spogliatoi, che imperversa negli USA: come in Mississippi anche in altri Stati (ad esempio il Nord Carolina) sono state emanate norme sulla libertà di allestire bagni per uomini e donne separati. Queste hanno fatto indignare gli attivisti LGBTQIA(...) perché essi pretendono che ognuno sia libero di andare nello spogliatoio o nel bagno ‘che si sente’: un uomo che apparentemente ha gli attributi da uomo, ma che ‘si sente donna’ deve poter andare nello spogliatoio (o nel bagno) delle donne. La cosa ha dell’incredibile, ma è vera e seria. Qui potete approfondire la questione e riscontrare le ovvie conseguenze degenerative delle ‘nuove regole democratiche e inclusive’ in questione: le famiglie americane sono preoccupate, mentre molestatori e guardoni se la spassano. In America, a quanto pare, ci sono molti più autori di reati a sfondo sessuale che persone transgender, per cui le donne e le bambine sono sempre più a rischio di abusi e di violenze con queste assurde leggi sui bagni unisex.

Un uomo a Seattle è entrato in uno spogliatoio di una piscina e si è denudato davanti alle ragazzine della squadra di nuoto, rivendicando il diritto di farlo nel quadro delle politiche transgender. In Ontario un predatore sessuale recidivo è stato arrestato in una toilette per donne, dove era entrato dichiarandosi trans. In Missouri un uomo è stato arrestato perché colto sul fatto mentre filmava le donne in uno spogliatoio. In Pennsylvania un uomo è stato colto a spiare una bambina di dieci anni nella stanza da bagno. È stato poi trovato in possesso di materiale pedopornografico.

Nei college e nelle università, sia statunitensi che canadesi, dove la goliardia si mischia con gli ormoni dei ragazzi, si può facilmente immaginare cosa accade, né ci si può stupire se gli studenti vengono colti nell’atto di filmare con i telefonini le ragazze che fanno la doccia. Eppure diverse società, di chiara fama internazionale, rifiutano o minacciano di rifiutare di fare i loro affari in Stati ‘omofobi’ come il Mississippi e il Nord Carolina. Tuttavia, come dicevamo all’inizio, le stesse imprese che in patria si ergono a paladine dei ‘diritti civili’, all’estero sembrano piuttosto sorde alle istanze dei diritti umani e dei ‘nuovi diritti’ LGBTQIA(...).

Ecco un elenco di aziende che pubblicamente hanno attaccato le misure volte alla tutela della libertà religiosa (e alla libertà nel WC) degli Stati federati summenzionati, in USA (dove il ‘no all’omofobia’ rende bene), ma che contestualmente operano in modo felice e lucroso in Paesi dove l’omofobia è di casa (dove il ‘no omofobia’ evidentemente non rende quattrini). [...]

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