01/07/2013

Hobby Lobby, prima vittoria contro Obama: nessun obbligo di pagare aborto e contraccezione ai dipendenti

I proprietari del colosso del fai da te si rifiutano di garantire ai lavoratori coperture assicurative contrarie alle proprie convinzioni: multa annullata in appello. Ora il caso diventa costituzionale

La Corte di appello di Denver ha riconosciuto che «la famiglia Green sta esercitando il suo diritto di libertà religiosa, rifiutando di pagare l’aborto causato dalle pillole incluse nelle assicurazioni che deve corrispondere ai suoi dipendenti». Arriva inaspettata la sentenza che regala un sospiro di sollievo alla Hobby Lobby, il colosso del “fai da te” che in tutti gli Stati Uniti dà lavoro a più di 22 mila persone e presenta bilanci in attivo nonostante la crisi.

CONTRO LA LIBERTÀ. L’azienda aveva fatto causa al governo contro la riforma sanitaria di Obama, per la quale qualsiasi ente datore di lavoro è tenuto a pagare ai dipendenti piani assicurativi che includano coperture per aborto e contraccezione, a prescindere se il titolare sia favorevole o contrario. A dicembre i giudici avevano decretato che la società, di proprietà di una famiglia cristiana, avrebbe dovuto rispettare le regole o altrimenti pagare una multa giornaliera di un 1 milione e 300 dollari: il tribunale non aveva trovato «nessuno motivo per concludere che una società laica a scopo di lucro, come la Hobby Lobby e la Mardel (impresa affiliata, ndr), abbia un diritto costituzionale al libero esercizio della religione». Pertanto entro tre settimane la famiglia Green avrebbe dovuto «violare la propria fede con la copertura di farmaci abortivi» o in alternativa accettare di «essere sottoposta a sanzioni».

RIBALTAMENTO. La Hobby Lobby era ricorsa in appello. E il 27 giugno scorso, inaspettatamente, la sentenza è stata ribaltata dai giudici di Denver: «La Corte distrettuale – recita il verdetto – ha riconosciuto che la famiglia Green sta esercitando il suo diritto di libertà religiosa», che in America rappresenta la prima la prima garanzia costituzionale e non può essere lesa. Non a caso fino ad oggi, si legge sempre nella sentenza d’appello, «la Corte Suprema ha da sempre respinto ogni distinzione tra “minaccia diretta” e “indiretta” nel valutare le norme che violano l’esercizio della libertà religiosa». Per questo i giudici hanno chiesto un riesame del caso alla luce della carta costituzionale.

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di Benedetta Frigerio

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