28/04/2013

I sopravissuti all’aborto aiutano altri bambini a sopravvivere all’aborto

Dopo 40 anni dall’aborto legale negli Stati Uniti, la battaglia per la vita è portata avanti in maniera incredibile da coloro che sono sopravvissuti all’aborto. Si tratta di persone le cui madri erano dirette a vedere un abortista ma per miracolo sono state salvate. Ora guardando indietro da adulti, si rendono conto che il loro legame personale con l’aborto dà loro la responsabilità di promuovere il messaggio della vita.

Tre sopravvissuti all’aborto hanno condiviso le loro storie con il Register

Susie Araujo, 36, di Corona, in California, è un insegnante di scuola elementare. Lei è cattolica, un membro del consiglio del Los Angeles Pregnancy Services (LAPSforLife.org), che offre alternative all’aborto, e si offre volontaria per consigliare quelle donne che vogliono abortire. La sua dedizione alla causa pro-life è motivata in parte, dalla sua storia.

Sua madre era una giovane immigrata messicana negli Stati Uniti che non parlava l’inglese, la sua unica famiglia vicina erano la zia e lo zio. La madre incontrò suo padre, anche lui un immigrato messicano, e presto rimase incinta. Araujo venne a conoscenza all’età di 15 anni che la zia aveva detto alla madre “di risolvere il problema” con un aborto, decisione che il padre accettava. Araujo disse : “La mia mamma ha avuto poca istruzione e si sentiva sola, ma sapeva che l’aborto era sbagliato e ha detto, ‘Indipendentemente dal fatto che lui mi sposi o non mi sposi, ho intenzione di avere questo bambino.'”

La zia e il fidanzato abbandonarono la questione per qualche mese, ma poi suggerirono alla madre di Araujo di andare dal medico per un “check-up”. Come spiegò Araujo, “avevano mentito, mia zia e mio padre la portarono ad una clinica per aborti.”

La giovane madre inconsapevolmente firmò i documenti per l’aborto. (I documenti erano in inglese, che non era in grado di leggere.)

Come la Provvidenza ha voluto, il bambino aveva appena superato la soglia dei tre mesi nel suo sviluppo nel grembo materno, e il medico abortista aveva l’equipaggiamento sbagliato quel giorno. Mentre il medico spiegava questo alla zia, usò la parola ‘aborto’ in inglese, e la madre di Araujo si rese conto che era stata ingannata. Come Araujo ha raccontato, “Era furiosa. Corse fuori dalla clinica e lasciò che mio padre risolvesse la questione. Disse: ‘Ti ho detto che volevo avere questo bambino!’ ”

Araujo continuò, “Così la mia mamma non ha avuto un aborto perché il medico abortista aveva gli strumenti sbagliati. Altrimenti, mi avrebbero fatto a pezzi. ”

I genitori di Araujo si riconciliarono, e oggi è la prima di cinque figli. Araujo non ha mai discusso di questo evento con il padre o la zia, ma ha osservato, “non l’ho presa sul personale, perché mia zia e mio padre non mi conoscevano, quando ero nel grembo materno. Ma mia zia mi dice sempre che lei è ‘pro-choice.’ questo mi fa pensare, ‘Lei una volta ha detto a mia madre di abortire me”.

Araujo talvolta condivide la storia del suo “quasi incontro con la morte, quando raccoglie fondi per LAPS. Lei è accolta dal pubblico con occhi aperti e la bocca spalancata.. Ha anche osservato che le donne intente ad abortire sono come era sua madre una volta :immigrate ispaniche, sole, povere e con limitata conoscenza della lingua inglese. Alcuni, infatti, non parlano nemmeno lo spagnolo, ma diverse lingue indigene del Centro e Sud America.

“Così molte di queste donne non vogliono abortire, ma si sentono così sole e sotto pressione per farlo”, ha spiegato. “Voglio essere lì per dare loro una mano.”

Melissa Ohden di Kansas City, Missouri, 35, è venuta a sapere all’età di 14 anni che era sopravvissuta ad un aborto salino. Parla regolarmente a gruppi pro-life e sovrintende un sito web per i sopravvissuti all’aborto, TheAbortionSurvivors.com.

“E ‘stato assolutamente devastante, ho dovuto passare attraverso l’intero processo di lutto”, ha ricordato Ohden riferendosi al tentato aborto di cui i suoi genitori adottivi le avevano parlato. “Mi sentivo in colpa per essere sopravvissuta, per essere sana.”

Sentì anche vergonga perché “il mondo in cui viviamo, dice che l’aborto è un diritto.”

Era sola, ha aggiunto. Finché senti` la testimonianza di Gianna Jessen, e si rese conto che c’erano altri che erano sopravvissuti all’aborto. Raccontò la sua storia pubblicamente nel 2007 e attaualmente viene contattata una o due volte a settimana attraverso il suo sito web da altri sopravvissuti all’aborto.

Ohden ha lanciato il suo sito web in concomitanza con l’uscita del film nel2011 October Baby, un film cristiano che racconta la storia di una giovane donna che scopre di essere sopravvissuta ad un aborto. (Ohden ha incontrato i produttori del film in un evento pro-vita. Erano stupiti di sentire la sua storia.)

Ohden si è convertita al cattolicesimo, è sposata e ha una figlia di 5 anni “che è nata nell’ospedale, dove la mia vita doveva finire.”

Ha detto di non essere più arrabbiata con la madre naturale per aver cercato di abortirla e che è grata ai suoi genitori adottivi per averle dato una nuova occasione per vivere. Lei ha osservato, “Sono cresciuta in una casa sapendo di essere amata. Sono arrivata anche a realizzare quanto sia un dono la mia vita.”

Christina Martin è da 8 anni attivista pro-life. Apparteneva alla Justice House of Prayer a Washington , i cui membri digiunano e pregano per la fine dell’aborto, ha lavorato per il Bound4Life gruppo pro-vita. Attualmente lavora in un centro di gravidanza a Middletown, Conn. Lei è nera e sensibile allo sproporzionato elevato numero di aborti nella comunità nera, di conseguenza, è attiva con il National Black Pro-Life Coalition. Ha anche un blog pro-life: http://liveactionnews.org/author/christina-martin/.

Eppure, una decina di anni fa, Martin era ambivalente nel tema dell’aborto e non si era mai immaginata di dedicare la sua vita a salvare i nascituri. La missione della sua vita cambiò quando la madre le rivelò che lei stessa era scampata all’aborto.

Sua madre era rimasta incinta da una relazione avuta all’infuori del matrimonio e si sentiva sotto pressione per avere un aborto. Andò in un ospedale di Hartford, nel Connecticut, per procurarsi un aborto. Mentre indossava l’abito ospedaliero ,era in un corridoio in attessa che fosse il suo turno, una bidella – “un’anziana donna afro-americana” – si avvicinò a lei e le chiese se voleva avere il suo bambino. La madre di Martin, rispose, “Sì”, e la donna disse: “Dio ti darà la forza per avere questo bambino.”

In un istante, la donna era sparita, e fu la volta della madre di Martin per vedere il medico abortista. Lei gli disse che aveva cambiato idea, e ne seguì una forte discussione. “Mia madre pensava che il medico avesse paura che altre donne la seguissero e di perdere così il suo business.”, spiega Martin.

La madre di Martin lasciò l’ospedale ormai 31 anni fa. I suoi genitori si sposarono ma divorziarono quando lei aveva 2 anni. Ha parlato con suo padre riguardo all suo quasi aborto , ma lui ha detto che non ricorda. “Penso che lo ricordasse”, ha detto Martin, “ma si sentiva a disagio a parlarne.”

Sua madre non ha mai più visto la signora che le aveva aiutata a salvare il suo bambino. Lei crede che fosse un angelo mandato da Dio in forma umana.

Dopo aver ascoltato il racconto del suo salvataggio, Martin sapeva che aveva una missione: “Ha cambiato il mio cuore. Ero stata salvata da Dio. Lui mi ha salvata, mi sentivo amata da Lui. Ho cominciato a capire come Lui voleva che io vivessi e che voleva che io aiutasse altri bambini a vivere. ”

Il suo lavoro a favore della vita è quello di dare alle donne “l’opzione che una volta la madre ebbe”, Ha continuato, “dico questo alle donne, ‘so che hai bisogno di aiuto e che ti senti sola. Dio ti può aiutare.”

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