10/07/2013

Il repubblicano Franks: “;Proteggere i bambini non nati è una prova di fondamentale umanità”

Se è vero che c’è stata un’insufficiente attenzione mediatica verso il processo al medico abortista Kermit Gosnell, è altrettanto vero che, a causa di ciò che si è imparato riguardo alla sua “;casa degli orrori”, il tema degli aborti tardivi è diventato più visibile che mai dai tempi in cui si lottava per il bando degli aborti a nascita parziale.

Quel processo, conclusosi con tre condanne per omicidio aggravato a carico di Gosnell, insieme alle accuse (secondo quanto riportato dal New York Times) che un altro abortista dell’area di Houston abbia fatto nascere bambini vivi durante aborti al terzo trimestre e li abbia uccisi subito dopo, hanno dato modo al deputato repubblicano Trent Franks di proporre una legge nazionale per la protezione dei bambini non nati in grado di sentire dolore (approvata dalla Camera a metà giugno e attualmente in discussione al Senato: v. qui http://www.prolifenews.it/legislazione/le-vittorie-pro-life-negli-usa-e-la-resa-italiana/)

“;La Commissione Nazionale per il Diritto alla Vita conviene fermamente con la decisione del deputato Franks di ritenere maturi i tempi per estendere a livello nazionale la protezione dei non nati che possono provare dolore”, ha detto il direttore della Commissione (NRLC) Douglas Johnson. “;A causa della pubblicità che vi è stata intorno al processo di Kermit Gosnell e alle successive rivelazioni di altri abortisti, molti americani si stanno rendendo conto che gli aborti sono frequentemente praticati a gravidanza avanzata su bambini che hanno possibilità di venire al mondo vivi, e che proveranno molto dolore mentre verranno uccisi”.

Nel suo discorso di apertura al Sottocomitato per la Costituzione e la Giustizia Civile, Franks ha messo in luce il fatto che così come nessuno vede le tragedie di bambini, morti per un tornado o assassinati in sparatorie nelle scuole o nei teatri, come questioni politicamente schierate, “;allo stesso modo proteggere i bambini non nati, che possono provare dolore, non è una questione repubblicana o democratica. E’ piuttosto una prova di base per la nostra umanità“;.

Secondo un recente sondaggio il 64% degli americani sarebbe favorevole a una legge come la Pain-Capable Unborn Child Protection Act. Solo il 30% sarebbe contrario. E tra i sostenitori figura anche un 47% tra coloro che si definiscono come pro-choice.

Il primo a offrire una testimonianza è stato il dottor Anthony Levatino, il quale ha spiegato come durante il suo periodo di formazione e nei primi cinque anni di pratica abbia effettuato aborti al primo e secondo trimestre, prima di diventare pro-life. Alla fine degli anni Settanta, ha testimoniato, “;le tecniche di infusione salina o, occasionalmente, di instillazione di prostaglandine” venivano usate per gli aborti nel secondo trimestre.

“;Tuttavia – ha precisato – queste procedure erano difficili, costose e imponevano alle pazienti di completare il travaglio per abortire. Nel 1980, quando iniziai ad esercitare privatamente prima in Florida e poi nello Stato di New York, quelli che come noi erano nell’industria dell’aborto stavano cercando un metodo più efficiente per effettuare aborti nel secondo trimestre. La suzione con dilatazione ed evacuazione offriva evidenti vantaggi rispetto ai metodi più vecchi, perché era una procedura molto più rapida e non c’era il rischio che il bambino nascesse vivo”.

All’udienza c’erano anche altri tre testimoni, tra cui Maureen L. Condic, del Dipartimento di Neurobiologia ed Anatomia della Scuola di Medicina dell’Università dello Utah. Tra i vari temi, la professoressa Condic ha mostrato ai membri del sottocomitato come ci si deve muovere nel trattare la questione: le questioni da affrontare sono “;Che cos’è il dolore?“;, “;Come possiamo sapere se altri stanno provando dolore?”, “;Dati scientifici riguardanti lo sviluppo del cervello e la percezione del dolore nel feto”, “;Quali strutture cerebrali sono necessarie in un feto perché esso senta dolore?”, “;Che cosa osserviamo sul dolore fetale?” e infine: “;Perché il dolore fetale ha importanza”.
La sua conclusione è stata questa: alla luce dei dati scientifici, dobbiamo concludere che c’è realmente un “interesse pubblico a proteggere le vite dei bambini non nati, dallo stadio in cui la sostanziale evidenza medica li indica come capaci di provare dolore”. Per questo, sono richieste inequivocabilmente 20 settimane.

Dalla controversa decisione Roe v. Wade presa dalla Corte Suprema nel 1973, le conoscenze mediche riguardanti lo sviluppo dei bambini non nati e delle loro capacità nei vari stadi di crescita hanno difatti compiuto dei sensibili passi in avanti. Persino il New York Times ha riportato i risultati delle più recenti ricerche sul dolore prima della nascita, concentrandosi in particolare sulla ricerca di Sunny Anand, un pediatra neonatale formatosi ad Oxford che ha tenuto convegni alla Scuola Medica di Harvard e in altre prestigiose istituzioni.
25 anni fa i medici erano convinti che il sistema nervoso dei neonati fosse ancora immaturo per percepire la sensazione del dolore; Anand ha così deciso di verificare se ciò fosse vero. In una serie di esperimenti medici, ha dimostrato che gli interventi eseguiti senza anestesia (o con un’anestesia minima) producevano una “;enorme reazione di stress” nei neonati, con il rilascio di ormoni fight-or-flight [letteralmente, ‘resisti o scappa’, ndt] come adrenalina e cortisolo. Un’anestesia forte poteva invece ridurre questa reazione. Anand ha poi notato che anche i più prematuri tra i bambini facevano una smorfia quando punti con un ago. Le prove lo hanno convinto che i feti possano sentire il dolore già alla 20esima settimana di gestazione, forse persino prima.

Nel caso Gonzalez v. Carhart del 2007, la Corte Suprema chiarì che era compito del Congresso mostrare rispetto per il non nato attraverso “;norme specifiche, perché sono implicate ulteriori preoccupazioni etiche e morali che giustificano una speciale proibizione”.
Il giudice Kennedy, estensore di quella sentenza, scrisse altresì che il governo ha “;un interesse nel proibire procedure mediche che possano rendere insensibili o persino sprezzanti nei confronti della vita la professione medica o la società nel suo insieme”. Secondo questa accezione, si deve comprendere “;anche la vita allo stadio fetale... inclusa quella vita che non può sopravvivere senza l’assistenza di altri”.

Verso la fine dell’udienza al sottocomitato, Franks ha citato Martin Luther King: “;le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui tacciamo di fronte alle cose che contano”. Proteggere i bambini non nati che possono provare dolore è qualcosa che conta e su questo non possiamo restare zitti.

Il processo Gosnell ci ricorda che quando i neonati sono tagliati con le forbici, essi si lamentano e piangono, e sussultano per il dolore. Ma basta semplicemente il pensiero di un momento per rendersi conto che i bambini quando subiscono tagli, si lamentano e piangono, e sussultano per il dolore. A prescindere dal fatto che essi vengano fatti nascere o meno, i bambini sono bambini e possono sentire dolore a 20 settimane. E’ arrivato il momento di accogliere nella famiglia umana anche questi piccoli. E questa legge, finalmente, farà proprio questo.

Traduzione con adattamenti a cura di Andrea Tosini

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da National Right to Life News Today in lingua inglese

di Dave Andrusko

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