21/07/2019

In Polonia 30 città si dichiarano libere dalla propaganda Lgbt

 

Impensabile sino a pochi anni fa che ci si dovesse proteggere dalla propaganda Lgbt, quando ancora c’era chi immaginava che coloro che paventavano il pericolo dell’ideologia “gender” fossero dei folli, visionari e complottisti. Ora tale ideologia è giunta non solo in Italia, laddove sino al 2013 alte cariche vescovili si illudevano di essere protetti dalla catena alpina, ma anche in Polonia, roccaforte e ultimo baluardo della cattolicità europea, dove però c’è da attendersi una pronta, efficace e ferma lotta.

Ben 30 città polacche hanno preso una netta e forte posizione contro qualsivoglia influenza dell’ideologia Lgbt. Follia? No, un tentativo di porre argini ad una propaganda che sta influenzando milioni di persone. Lo scorso febbraio Robert Biedron aveva lanciato un suo partito apertamente a favore della ideologia Lgbti e a favore di matrimoni e adozioni gay. Lo stesso Biedron è stato eletto ora al Parlamento Europeo ed eletto anche Vice Presidente della Commissione FEMM in quota Socialista (per i diritti della donna e uguaglianza di genere). Il leader di questo partito era stato anche relatore generale all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa per i diritti delle persone Lgbt e in tale qualità ha partecipato alla Assemblea generale di ILGA e chiesto sanzioni contro la Lituania e Russia per loro politiche non favorevoli.

Nel marzo scorso, il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, eletto con la coalizione di tutti i partiti che si oppongono al partito di governo PiS, aveva, prima firmato una dichiarazione favorevole alle politiche Lgbt e poi dichiarato che la città avrebbe cambiato totalmente le sue politiche sociali e sarebbe divenuta ‘gay friendly’. Ciò provocò una forte reazione da parte dei leader delle chiese protestanti di tutta la Polonia. Non solo, genitori e popolazione di Varsavia, preoccupati per le possibili conseguenze delle dichiarazioni del Sindaco, erano scesi in piazza per protestare contro la dichiarata volontà di celebrare matrimoni gay e adozioni gay.

La polemica pareva sopita, finché lo scorso maggio un attivista Lgbt veniva arrestato per aver affisso senza permesso, nelle vie di diverse cittadine, un poster con l’immagine della Madonna di Czestochowa abbigliata con i colori gay arcobaleno, con il chiaro intento di profanare l’immagine tanto caro ai polacchi.

Infine, ad inizio giugno alla marcia del gay pride di Varsavia, si è opposta una “gran marcia” delle famiglie nei giorni successivi e negli scorsi giorni c’è stata una durissima polemica tra Ikea e diverse chiese cristiane, dopo che il colosso svedese aveva licenziato un proprio dipendente per aver semplicemente affermato la genesi naturale dei sessi e il matrimonio secondo il racconto biblico. Detto ciò, che trenta città della Polonia si dichiarino ‘libere dalla ideologia gay’ e si impegnino con i propri cittadini per bandire politiche favorevoli alla ideologia Lgbt sul proprio territorio, non vedo come possa turbare o scandalizzare qualcuno.

Si esaltano città, regioni e nazioni ‘gay friendly’ e perché mai non si dovrebbero (almeno) rispettare città e regioni che sono invece ‘gender natural friendly’? Vogliamo rispettare sino in fondo la natura o no?

Luca Volontè

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