20/04/2017

Intralcio all’aborto, liberté, egalité e fraternité

In Francia la legge che ha creato il reato di “intralcio all’aborto” (e quindi il reato di opinione) non viola la Costituzione.

Liberté, Égalité, Fraternité” è un motto tanto caro ai francesi quanto, di recente, disatteso.

L’Égalité già era stata minata nel 1974 con l’approvazione della legge sull’aborto (dal 2014 considerato persino un diritto fondamentale della donna), che non solo identifica chiaramente esseri umani di serie B, la cui vita può essere soppressa per qualunque ragione, ma, paradossalmente, in nome dell’uguaglianza dei sessi, priva anche il padre di qualunque diritto fino alla nascita del bambino.

La Fraternité è poi decaduta quando lo Stato ha iniziato ad osteggiare le associazioni che avevano ed hanno davvero a cuore la salute psicofisica delle future mamme e che le aiutavano a decidere di salvare il bambino (e se stesse).

E adesso è il turno della Liberté, dopo la definitiva approvazione, il 16 febbraio scorso, della legge liberticida sull’ “intralcio all’aborto”, che prevede multe fino a 30.000 euro e 2 anni di reclusione per chi, anche sui siti web, dissuade le donne dalla pratica dell’aborto (cioè dall’uccisione del proprio figlio).

Non fa dunque scalpore che un mese dopo la palla sia passata alla Corte Costituzionale: oltre 60 deputati del partito liberale hanno infatti sollevato dubbi di costituzionalità su una legge che, di fatto, introduce il reato d’opinione (similmente a quanto prevedeva in Italia il disegno di legge Scalfarotto  e che torna drammaticamente in auge con alcune recenti proposte di psico-reato  ).

Ma la Corte Costituzionale, neanche a dirlo, ha confermato l’assoluta conformità della legge alla Costituzione francese (sì proprio quella che fa della “liberté” uno dei suoi capisaldi), pur presentando due (deboli) riserve.

In primo luogo, infatti, la semplice esposizione di un’opinione antiabortista non dovrebbe costituire motivo di chiusura di un sito web. Ci vorranno “minacce o atti intimidatori nei confronti di donne già intenzionate ad informarsi o a procedere all’aborto, al fine di intralciarne l’esecuzione. Viene spontaneo però chiedersi come possa un sito web pro-life minacciare una donna incinta e ancor più come possa costituire un intralcio all’aborto. E se un semplice parere, letto su un sito web, può dissuadere una donna da tale intento, perché lo Stato dovrebbe negare il “diritto al ripensamento”, libero e spontaneo?

Questa semplice considerazione dovrebbe lasciar bene intendere quanto laschi siano i confini della definizione di “atto intimidatorio” e quanto saranno verosimilmente ampliati da una magistratura compiacente.

Inoltre, affinché sussista il reato, il sito deve descrivere le modalità con cui viene praticato l’aborto e le sue possibili conseguenze e chi ne parla deve essere o dev’essere ritenuto un esperto in materia. Cioè, per intenderci, se un sito pro-life intervista un esperto, ad esempio un ginecologo o un qualunque medico, o cita articoli scientifici che descrivono gli aspetti più prettamente medici relativi all’aborto, per quanto la descrizione sia oggettiva e verificabile, il sito rischia di incorrere nella politica del terrore di post-rivoluzionaria memoria, per il solo fatto che le logiche conclusioni tratte vanno (come del resto è noto e ovvio) in una direzione opposta a quella del presunto “diritto ad un aborto facile e sicuro”.

Appare dunque chiara a chiunque quanto inesistente sia la resistenza che questi presunti paletti opporranno al dilagante potere liberticida delle lobby dell’aborto in Francia, sponsorizzato in primis proprio dal Presidente Hollande.

Non a caso Tugdual Derville, delegato generale dell’associazione pro-life Alliance VITA, giudica la decisione “ambigua”. “Come distinguere un’informazione da un’opinione? E chi lo farà?” – si chiede a ragione – “Quando Madame Rossignol [il ministro francese della famiglia, n.d.r] afferma che l’aborto non interrompe una vita, è un’informazione o un’opinione?”.

Che senso hanno dunque queste precisazioni? Il solo fine, è evidente, è quello di ammorbidire le posizioni degli oppositori, facendo digerire ad una nazione che ha fatto della libertà di opinione il proprio cavallo di battaglia una legge che condanna proprio quel principio fondamentale su cui la sua stessa costituzione si basa.

Del resto, si sa, la finestra di Overton  va spostata lentamente, altrimenti qualcuno potrebbe accorgersene.

Giuseppe Fortuna

(fonte: Le Figaro)

 


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