10/01/2018

La Buona Notizia #832: Finché c’è vita, c’è speranza

Una Buona Notizia in Canada, in Nuova Scozia, dove dopo 21 anni, il 25 dicembre, una donna, disabile da quando aveva 15 anni a causa di un grave incidente stradale (una vita non degna d’essere vissuta?), ha finalmente parlato con la madre.

Joellen Huntley, che ora ha 37 anni,  ha usato un software speciale che consente di interagire con l’iPad attraverso gli occhi.

Fino a questo Natale la giovane emetteva solo dei suoni con cui esprimeva la contentezza quando qualcuno di famiglia l’andava a trovare, ma non era mai riuscita a trasmettere un pensiero.

La mattina del giorno di Natale, invece, la madre ha chiesto a Joellen se le piacesse la maglietta che aveva avuto in regalo. La giovane donna ha risposto attraverso una tecnologia che si chiama Eygaze, concentrando lo sguardo su determinate icone e ha fatto capire alla madre che non voleva una maglietta a maniche corte, ma a maniche lunghe.

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La vita in stato di grave disabilità – secondo la mentalità corrente – non merita d’essere vissuta. Ma i risvegli sono molto più frequenti di quanto si dica. (La foto è dal film “Risvegli”, tratto dall’omonimo libro del dott. Sacks)

Inutile dire la contentezza della mamma: è stato costoso e faticoso trovare la tecnologia giusta per Joellen. C’è voluta pazienza e tanta fisioterapia. Ma la madre “sapeva” che prima o poi ce l’avrebbero fatta. Perché finché c’è vita, c’è speranza.

Negli ultimi anni il anche il dottor Adrian Owen, un ricercatore dell’Università dell’Ontario occidentale , ha sviluppato una tecnologia (diversa da quella usata da Joellen) per comunicare con persone che si ritiene siano in uno stato vegetativo persistente: grazie a questi progressi informatici bisognerebbe ripensare alle prospettive di vita di persone che finora erano considerate da molti “senza speranza”.

Certamente, però, è più semplice e pratico uccidere queste persone con l’eutanasia.

[NdR: E oggi, in Italia, grazie al biotestamento (alle DAT) se quella ragazzina di 15 anni avesse avuto familiari che non consideravano la sua vita degna d’essere vissuta, avrebbero potuto costringere i medici a farla morire di fame e di sete, anche contro la sua volontà – che finora non era in grado di esprimere].

Alex Schadenberg 

Foto: Canadian Press

Fonte: Euthanasia Prevention Coalition


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