28/07/2018

La folle corsa del Belgio: eutanasia infantile e non solo...

Gli ultimi dati sull’eutanasia in Belgio mostrano che il numero di pazienti uccisi con la “dolce morte” continua ad aumentare: le morti per eutanasia motivata da condizioni legate all’invecchiamento sono salite alle stelle e da tempo si registrano casi di eutanasia infantile. Nel 2017 sono stati registrati 2309 uccisioni per eutanasia rispetto ai 954 del 2010, con un aumento del 242% in sette anni. Dal 2010 il Belgio ha esteso i confini includendo bambini, persone con disturbi mentali o comportamentali e persone che non stanno morendo ma che hanno determinate patologie croniche. I dati indicano che nel 2016/17 ci sono stati 3 bambini morti per eutanasia, 77 persone con patologie mentali o comportamentali e 710 persone con perdita della vista o incontinenza o condizioni legate alla disabilità o all’età.

E sappiamo bene che questi dati sono parziali, perché non sempre le uccisioni vengono riportate.

Rilasciando i dati del 2015, Wim Distelmans, presidente della commissione per la valutazione e il controllo dell’eutanasia, ha dichiarato ai media che «potrebbero esserci alcuni casi di eutanasia eseguiti ma che non sono dichiarati, quindi non possiamo dire con certezza quale sia il numero»; come aveva rilevato anche una ricerca pubblicata nel New England Journal of Medicine (NEJM) (19 marzo 2015) sulla pratica dell’eutanasia in Belgio. Il NEJM aveva anche evidenziato un ulteriore profilo inquietante, e cioè una percentuale di pazienti, sul totale di quelli sottoposti a eutanasia, che erano stati uccisi senza nemmeno averne fatto richiesta: stiamo parlando dell’1,8% nel 2007 e dell’1,7% nel 2013.

L’anno scorso, Ludo Vanopdenbosch, specialista in cure palliative, si è dimesso dalla commissione per l’eutanasia belga dopo che la commissione ha approvato la morte di una persona che non avrebbe potuto acconsentire all’eutanasia. Vanopdenbosch ha spiegato nella sua lettera il motivo delle dimissioni: «L’esempio più eclatante si è avuto in una riunione all’inizio di settembre, [...] quando il gruppo ha discusso il caso di un paziente con una grave demenza, che aveva anche il morbo di Parkinson». Il paziente, la cui identità non è stata rivelata, è stato soppresso per eutanasia su richiesta della famiglia. An Haekens, direttore dell’ospedale psichiatrico Alexianen di Tienen, ha dichiarato: «Non è eutanasia perché il paziente non l’ha chiesto, quindi è soppressione volontaria di una vita».
Che dobbiamo pensare? Che l’eutanasia non è “soppressione volontaria di una vita”? Il consenso dell’interessato muta forse la natura dell’atto? Eccoci ancora di fronte a quella dinamica che permette di trasformare la realtà grazie a una sola parolina magica: autodeterminazione. Come per l’aborto il nascituro può essere figlio o “aggressore” in base al veto della madre, così per l’eutanasia l’uccisione dell’innocente può essere omicidio o atto sanitario in base al consenso del paziente.

Si pensi anche a quanto riportato da AP News, l’anno scorso, a proposito di Distelmans che insinuò che alcuni dei pazienti della psichiatra Lieve Thienpont potrebbero essere stati uccisi senza che fossero soddisfatti tutti i requisiti legali.

Spinti dai rapporti di AP News, oltre 360 ​​medici e accademici hanno firmato una petizione che chiede controlli più severi sull’eutanasia per i pazienti psichiatrici. Siamo al punto che politici, medici e intellettuali (coloro che hanno in mano le sorti della società) discettano sui requisiti necessari a rendere legale l’uccisione dell’innocente. Un quadro così fosco non si può dimostrare, ma solo mostrare…

Vincenzo Gubitosi

Fonte:
LifeNews

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