16/01/2013

La più terribile violenza sulle donne

Il lavoro di un pro-life non si ferma mai.
Una delle cose più difficili è mantenere il sorriso e la speranza quando le cattive notizie continuano a fioccare come un bollettino di guerra.
La notizia, che come spesso accade nel nostro campo è una non-notizia, o una notizia da tempo annunciata, è che in Europa, nella nostra civile Europa, si pratica l’aborto sulla base del genere.

Tutto nasce da una richiesta del Consiglio d’Europa:  non è il Consiglio dell’Unione Europea, cioè la mente del governo dell’Unione Europea, formato da tutti i ministri d’Europa ; è invece un organo creato dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo con il compito di favorire la collaborazione tra gli stati per promuovere i diritti umani. Nell’emiciclo del Consiglio d’Europa si svolge la discussione del concorso scolastico europeo del Movimento per la Vita Italiano.

Il Consiglio d’Europa aveva chiesto un rapporto sulla demografia dei singoli stati divisi per genere, vale a dire un rapporto per comprendere quanti bambini e quante bambine nascano, e se vi siano squilibri, e perché.

Il risultato di queste indagini in Inghilterra ha rivelato un fatto sconvolgente: molti medici praticano l’aborto selettivo di genere. Dovuto principalmente al fatto che vi è in Inghilterra una forte immigrazione cinese e soprattutto indiana. In queste comunità alberga, così come nelle loro nazioni di origine, il pregiudizio per cui la nascita di una bambina è una iattura, visto che occorre svenarsi per costituire una dote per farla sposare.
La tentazione dell’aborto selettivo di genere, «E’ femmina? Facciamola fuori subito», è molto forte e quindi trova larga diffusione soprattutto in India.

E perché non anche in Inghilterra, dove si creano dei veri e propri ghetti sia sociali che, in qualche misura, legali – attesa la visione fin troppo accogliente del fenomeno religioso nel diritto inglese, per cui addirittura basta una raccolta di firme si può fondare una chiesa e pretendere che sia rispettata – e dove si può abortire fino alla 24a settimana (cioè il sesto mese)?

E infatti non ci sono motivi per cui l’aborto selettivo non dovesse prendere piede anche in Inghilterra.
Il Daily telegraph ha condotto una valida inchiesta sul punto: la trovate qui.
Tuttavia il governo inglese ancora nicchia, affermando che non si può dire una cosa del genere con certezza, che una lieve oscillazione tra i sessi è normale.

Tuttavia uno studio dell’Università di Oxford ha dimostrato che statisticamente, tra il 1990 e il 2005, le donne indiane hanno terminato molte più gravidanze di feti di genere femminile che maschile.

C’è una indagine penale in corso.
Ma personalmente ritengo che, se anche lo si dicesse, sarebbe un crimine impossibile da reprimere. Quantomeno allo stato dei fatti.

Due sono i modi per evitare l’aborto di genere evitando di intervenire sulla questione “aborto”.
Il primo è evitare di dire ai genitori il sesso del nascituro finché non corre il termine per l’interruzione di gravidanza (che in Italia è 3 mesi ma in Inghilterra è addirittura 6 mesi). Ed infatti è quanto il Consiglio d’Europa ha raccomandato di fare.
Ma è poco praticabile, visto che la tendenza in campo medico è informare i pazienti di ogni cosa. Senza contare che, quando si chiede il silenzio da parte del medico su certi sindromi che potrebbero portare ad una malattia del bambino inguaribile e quindi ingenerare la voglia di abortirlo, ci si sente rispondere che è una richiesta inaccettabile, atteso il diritto dei parenti di sapere.
Ma a parte tutto, sembra in effetti in difformità con la tendenza a “sapere tutto”che si diffonde. Non si può a mio avviso fondare una buona politica pro-life sull’ignoranza forzata delle persone.

L’altra modalità è ispessire i controlli a valle, vale a dire i controlli di chi dà l’ultimo e definitivo “ok” da parte dell’ente pubblico all’aborto.
E qui si apre una voragine, dato che perfino in Italia non sarebbe affatto impedito l’aborto di genere, potendo – di fatto, anche se la legge non dice proprio questo – la donna abortire nei primi tre mesi a semplice richiesta, senza essere tenuta a specificare il perché e men che mai senza rischiare di vedersi opporre un rifiuto se questa motivazione apparisse non sufficiente.

Perciò, sia a monte che a valle gli ostacoli che si potrebbero opporre ad un aborto selettivo di genere, in Inghilterra come in Italia, appaiono blandi. Perché in entrambe le tipologie di intervento le possibilità di agire con efficacia ci sarebbero, ma manca la volontà di farlo.

Qualunque intervento non può prescindere da una grande presa di coscienza, nazionale ed internazionale, della gravità e della diffusione del fenomeno abortivo, selettivo o no poco cambia.
In tal senso si colloca l’iniziativa uno di noi, e più in generale tutte le iniziative del Movimento per la Vita.
E’ questa la strada: non se ne vedono altre. E’ una strada lunga, ma non è un buon motivo per non percorrerla.

di Emanuele Petrilli

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