07/06/2013

La sfida di “Live Action” al Planned Parenthood

Lila Grace Rose ha fondato il gruppo pro life, che negli Usa ha denunciato pratiche aberranti contro la vita. La giovane attivista ha condotto numerose indagini sotto copertura e smascherato con video di denuncia gravi casi di corruzione ed attività illecite finalizzate alla soppressione dei bimbi nel grembo delle loro madri: “Nella lotta contro la cultura della morte -ha dichiarato- quello che dobbiamo fare è ri-catechizzare noi stessi e tornare alla preghiera e ai sacramenti”

Lila Grace Rose, classe 1988, è una giovane attivista pro-life americana. A soli quindici anni, Rose ha fondato il gruppo “Live Action”, un’associazione di studenti divenuta presto nota per una serie di campagne organizzate contro le strutture affiliate alla “Planned Parenthood Federation of America”, fondazione sorta nel 1921 ad opera dell’eugenista Margaret Sanger, secondo cui “lo scopo di promuovere il controllo delle nascite... spesso denunciato come una violazione del diritto naturale, è né più né meno che la facilitazione del processo di estirpazione degli inadatti, di impedire la nascita di deficienti o di coloro che diventeranno deficienti”. “Planned Parenthood” è, dunque, oggi il più grande promotore di aborti negli Stati Uniti.

Nel 2009, in qualità di relatrice al “Values Voters Summit”, la giovane Rose ha polemicamente proposto che gli aborti si dovessero praticare alla luce del sole fino a quando “il pubblico, stanco di vederne, non avesse eliminato del tutto l’ingiustizia”. L’obiettivo primario di “Live Action” è quello di far tagliare i fondi a qualsiasi clinica che pratichi aborti in violazione delle leggi federali.

Inoltre, il gruppo si prefigge quale scopo quello di educare l’opinione pubblica circa la cruenta pratica dell’aborto e l’importanza della dignità della persona umana -in particolare la difesa del diritto alla vita del nascituro- e, nel fare questo, vengono utilizzati soprattutto i moderni mezzi di comunicazione.

I mezzi d’informazione tradizionali, infatti, spesso non riescono a cogliere appieno la realtà dell’aborto e sono succubi di un’impostazione ideologica che trasmette un comportamento di vita votato all’egoismo e all’edonismo, nonché politicamente conforme alla cultura della morte. Infatti, risultano carenti le informazioni obiettive su cosa sia realmente l’embrione, sulla difesa dell’obiezione di coscienza, sulle pericolose conseguenze dell’interruzione di gravidanza per la salute della donna e via discorrendo.

LA “GUERRA MEDIATICA” PER LA VITA DI LILA ROSE

È dunque in tale contesto sociale che Lila Rose, equipaggiata di una telecamera segreta, ha condotto numerose indagini sotto copertura, al fine di denunciare la corruzione e le attività illecite condotte dal “Planned Parenthood, il più grande ente abortista del mondo, proprietario di decine e decine di cliniche per la soppressione dei “non ancora nati”. Il suo lavoro ha così documentato una prassi dilagante di abusi, di disinformazione medica e di false dichiarazioni rese dai dirigenti di “Planned Parenthood” (come la disponibilità a fornire aborti a ragazzine minorenni).

La CNN ha dedicato a Lila Rose un programma chiamato “guerriglia giornalistica”, incentrato proprio sul suo lavoro di giornalismo investigativo. L’emittente televisiva ha anche parlato di “una nuova ondata di giornalismo, causata da una crescente sfiducia nei media tra i giovani attivisti conservatori”, “denunciando” così la presenza di una nuova generazione di giornalisti pro-life che, “armati di videocamere e di idee, postano on-line i loro video per comunicare direttamente al pubblico, bypassando i media tradizionali”. Una presenza evidentemente “scomoda” per molti, la loro. Ma una grazia nella difesa della vita nascente.

LA VERA BATTAGLIA E’ QUELLA SPIRITUALE

In un video diffuso da “Live Action” – sul cui sito (www.liveaction.org) è possibile visionare molti filmati incredibili, come quello che ritrae il dipendente di una clinica abortista della Virginia, mentre stava contrattando una serie di aborti con il “gestore” di un giro di prostituzione di ragazze giovani. Oppure, in un altro documentario, il dipendente di una clinica del New Jersey è stato ripreso, mentre consigliava di mentire circa l’età delle ragazze che ricorrevano all’aborto (“Noi vogliamo meno informazioni possibili”, affermava). In proposito, Lila Rose afferma: “Le nostre indagini, condotte negli ultimi quattro anni su dodici cliniche abortiste, mostrano una certa propensione della Planned Parenthood a coprire gli abusi sessuali su minori e giovani donne”. Affermazione, cui fa eco quanto scritto da Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in veritate”: “Nei Paesi economicamente più sviluppati le legislazioni contrarie alla vita sono molto diffuse e hanno ormai condizionato il costume e la prassi, contribuendo a diffondere una mentalità antinatalista che spesso si cerca di trasmettere anche ad altri Stati come se fosse un progresso culturale. Alcune organizzazioni non governative, poi, operano attivamente per la diffusione dell’aborto, promuovendo talvolta nei Paesi poveri l’adozione della pratica della sterilizzazione, anche su donne inconsapevoli. Vi è inoltre il fondato sospetto che a volte gli stessi aiuti allo sviluppo vengano collegati a determinate politiche sanitarie implicanti di fatto l’imposizione di un forte controllo delle nascite. Preoccupanti sono altresì tanto le legislazioni che prevedono l’eutanasia quanto le pressioni di gruppi nazionali e internazionali che ne rivendicano il riconoscimento giuridico” (n. 28).

Lila Rose ha più volte sottolineato come la battaglia per porre fine alla piaga dell’aborto sia prima di tutto una lotta spirituale: “Nella lotta contro la cultura della morte – ha detto la giovane attivista – quello che dobbiamo fare è ri-catechizzare noi stessi e tornare alla preghiera e ai sacramenti”. Infatti, nonostante la miseria umana, nulla è impossibile a Dio.

di Marco Massignan

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