13/03/2018

«L’aborto non ha posto in una società solidale e progressista»

Ieri, in Irlanda, sono scese in piazza almeno  100.000 persone perché venga respinto il referendum che abrogando l‘8° emendamento della Costituzione, aprirebbe il sistema giuridico ad una eventuale legalizzazione dell’aborto.

Niamh Uí Bhriain, di Save the 8 ha detto che la folla che ha intasato  il centro di Dublino ha mostrato che la proposta di  legalizzare l’aborto ha “svegliato un gigante addormentato” e si è registrata un’impennata notevole del numero di volontari che lavoreranno per il NO al  referendum  di maggio.

Il popolo irlandese si è alzato in piedi contro i media, le élite politiche e contro la potente industria internazionale dell’aborto che ha riversato milioni nella campagna per il Sì: «L’aborto non ha posto in una società solidale e progressista», ha concluso Uí Bhriain.

Hanno preso la parola una serie di relatori provenienti da ambienti diversi: medici, madri, persone con disabilità e personalità politiche. Tra i tanti, le dottoresse Judy Ceannt e Maire Neasta Nic Gearailt hanno  detto che i medici sono stati completamente ignorati dai fautori dell’aborto: da un lato temono fortemente che il loro diritto all’obiezione di coscienza sia calpestato, dall’altro hanno denunciato le enormi bugie propalate dai media che hanno detto che i medici irlandesi sono favorevoli al Sì (senza averli nemmeno consultati).

Charlie Fien, una giovane con la sindrome di Down, ha dato la sua testimonianza di “vita molto degna d’essere vissuta” (la diede anche all’ONU, nel 2017): «Non sono malata. Neanche i miei amici che hanno la sindrome di Down soffrono. Viviamo vite felici. Salvare l’ottavo emendamento salverà la vita dei bambini con la sindrome di Down. L’Irlanda, è uno dei pochi paesi al mondo in cui  sono al sicuro nel grembo della madre».

Un forte messaggio femminista pro vita è stato lanciato da  Destiny Herndon-De La Rosa: «Le donne in difficoltà meritano una risposta migliore dell’aborto, dalla società. L’aborto legale è una forma di sfruttamento e di oppressione delle donne».

Redazione

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