08/04/2017

LGBT e giustizia: una vittoria e una sconfitta

Nella guerra contro il totalitarismo LGBT alcune battaglie vengono vinte, altre invece sono perse. Quando si combatte – su scala mondiale peraltro – è normale che sia così. Sarebbe molto più grave se non vi fosse alcuna lotta, perché questo, visti i tempi che corrono, significherebbe che la lobby arcobaleno ha imposto definitivamente il suo dominio. E invece non c’è ancora riuscita. Nonostante i soldi, il potere politico e il controllo dei mezzi di comunicazione, non ha ancora ottenuto ciò che vuole: la resistenza a tali progetti fortunatamente è ancora grande.

È il caso allora di presentare due fatti molto recenti che ci aiutano a capire lo scontro in atto.

Partiamo dalla notizia positiva, che leggiamo su LfeSiteNews. Lo studioso e psicologo statunitense Paul Cameron ha presentato in una serie di conferenze in Polonia le sue ricerche comparative tra aspettative di vita di omosessuali ed eterosessuali, mettendo in luce i problemi intrinseci alla condotta sessuale dei membri delle comunità LGBT. Abbiamo scritto anche noi tante volte che di ‘gay’ (cioè di gaio) nel mondo LGBT c’è ben poco. E non a causa della ‘discriminazione’ (vera o presunta) proveniente dall’esterno. Sappiamo anche che ormai sostenere certi dati di fatto è divenuto impossibile. La Gaystapo interviene per mettere a tacere ogni dissenso, e lo sa bene una come Silvana De Mari...

Ebbene, hanno tentato di imbavagliare e screditare pure il dottor Cameron. In Polonia, il gruppo LGBT Pracownia Różnorodności ha spinto al boicottaggio delle sue conferenze, scrivendo alle università che lo avevano invitato e al Ministero dell’Istruzione polacco, e sostenendo che i suoi lavori non hanno nulla di scientifico. In realtà, come noto, a non avere alcuna base scientifica è l’ideologia omosessualista. 

Cameron però ha reagito e si è rivolto ai giudici. E la giustizia polacca, riconoscendo che effettivamente quanto subito era una serie di calunnie e denigrazioni lesive dei suoi diritti, gli ha dato ragione. Il gruppo Pracownia Różnorodności è stato costretto a chiedere scusa e a pubblicare sul sito una nota in cui si spiega che il ricercatore statunitense non è un bugiardo e omofobo. Una vittoria degna di essere presa in considerazione da noi europei.

Veniamo ora alla notizia negativa, che arriva dal Brasile, come leggiamo nel blog di Julio Severo.

Si tratta di un intervento liberticida della magistratura dello Stato del Mato Grosso del Sud. Il blogger cattolico Roberto Flávio Cavalcanti infatti è stato condannato a pagare 15mila reais come indennizzo per “danni morali e collettivi” ad un’associazione di travestiti e transessuali. La colpa di Cavalcanti è stata solo quella di aver postato un articolo, oltretutto nel lontano 2007, in cui contestava la scelta del governo locale di stanziare fondi pubblici a sostegno di questo gruppo LGBT, che a suo parere non aveva alcuna utilità sociale. Le priorità, anche in Brasile, sono altre e dunque perché utilizzare il denaro dei cittadini per finanziare una realtà simile?

Il giudice – che a quanto pare appoggia l’agenda gay – ha classificato l’articolo come un “discorso d’odio, incompatibile con il rispetto della dignità umana”. Tutto ciò ha davvero dell’incredibile. Sicché ne dobbiamo dedurre che ormai non si può davvero dir più nulla quando ci si trova di fronte ad associazioni (o lobby) LGBT. Specialmente se si è cattolici. Alla faccia della tolleranza, della libertà religiosa, del libero pensiero e del mero buon senso. Dov’è finita la democrazia?

Redazione


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