07/03/2018

Medici trasformati in boia: in Ontario, oggi, è realtà

I medici un tempo erano coloro che salvaguardavano la vita dei pazienti: studiavano le malattie, facevano opera di prevenzione e si prendevano cura del prossimo, somministrando farmaci e utilizzando terapie atte a consentire loro una qualità di vita sufficiente, o a preservare loro l’esistenza o, ancora, ad accompagnarli nella maniera più serena possibile (e il più possibile senza sofferenza) alla morte. Un tempo, insomma, i medici si curavano del benessere complessivo delle persone, concepite in maniera integrale come unione di corpo e anima.

Ora tutto questo sta venendo meno: l’arte medica non ha più al centro la persona in quanto tale, concepita nel suo intrinseco e immenso valore, bensì guarda all’efficienza e al continuo progresso, che pare essere più che altro una ricerca di sfide con se stessi (e con Dio), piuttosto che un progredire in umanità, in amore.

Alla luce di ciò, e anche delle recenti pieghe delle quali abbiamo dato evidenza negli ultimi mesi (qui e qui), sorprende fino a un certo punto la decisione di un tribunale dell’Ontario, in Canada, il quale ha stabilito «[...] che il desiderio di un pazienteriporta LifeNewsdi essere soppresso con l’ eutanasia supera l’obiezione di coscienza di un medico. Ora i medici devono affrontare la crudele scelta tra la complicità in ciò che considerano un grave errore – uccidere un malato – e la prospettiva molto reale della sanzione legale o professionale».

Ricordiamo che il Canada ha legalizzato l’eutanasia e il suicidio assistito (= omicidio del consenziente),  noto come MAiD = Medical Aid in Death, aiuto medico nella morte, il 17 giugno 2016: meno di due anni fa, in nome del principio dell’autodeterminazione.

I medici dunque non sono più al servizio della vita, bensì sono trasformati in boia, anche contro la loro volontà. Infatti, pare che non ci siano molte alternative per i medici e gli operatori sanitari: o si piegano all’impostazione eutanasica (ma una recente ricerca testimonia che, proprio in Canada, più di 7 medici su 10 vorrebbe fare obiezione di coscienza), venendo meno alla propria coscienza; o si specializzano in settori dove non si viene a contatto con la vita e la morte e dove le scelte non implicano il coinvolgimento della sfera morale; oppure, estrema ratio, abbandonano la loro professione (e vocazione) e ci si dedicano ad altro.

E questo vale in Canada, ma anche nella nostra Italia, dove la legge sulle DAT non prevede espressamente la possibilità di fare obiezione di coscienza.

È chiaro a tutti che stiamo camminando a passo spedito verso un punto di non ritorno: la deriva mortifera sta limitando sempre più la possibilità di azione dei singoli e le pressioni sono veramente importanti, tanto che la gente ormai vive con il terrore di essere uccisa senza il proprio consenso: ricordate, per fare un esempio, la nonnina canadese di 81 anni e il suo tatuaggio «Don’t euthanize me?». Ecco, noi ci domandiamo seriamente quale mondo stiamo costruendo e quale futuro ci aspetta.

Redazione


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