31/03/2014

Nate con la fecondazione assistita: lesbiche si contendono due bambine

L’infanzia dura poco. Troppo poco che consideriamo che in diversi casi quegli anni di vita trascorrono tra aule di tribunale con bambini contesi e spediti come pacchi postali. Questa triste verità si complica notevolmente se si sta parlando di due gemelline generate con la fecondazione assistita da una coppia di lesbiche.

Le donne hanno deciso di avere dei figli e… detto-fatto: una dona gli ovuli che vengono uniti al seme di un donatore anonimo ed impiantati nell’utero dell’altra donna. E dopo tutto questo macchinoso procedimento, le due donne litigano, si lasciano e trascinano le bambine in tribunale: chi è la madre?

Questa la storia di due bimbe di ormai 5 anni, create scientemente senza padre con due donne che vantano diritti l’una contro l’altra, riportata dal sito Tempi.

Redazione

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Due donne, il cui nome non può essere rivelato, si stanno contendendo in tribunale due bambine in Inghilterra. La prima è la “madre” genetica, la seconda è quella che ha partorito le piccole. Chi è la vera mamma? Il problema è scoppiato quando le due donne, che avevano una relazione, si sono lasciate.

FECONDAZIONE ASSISTITA. Le donne stanno insieme dagli anni ’90. Dopo ripetuti tentativi da parte di una di loro di avere un figlio, la compagna le ha donato i suoi ovuli nel 2008, che sono stati usati per concepire due gemelle con il seme di un donatore anonimo attraverso la fecondazione assistita. Quando nel 2012 le donne si sono separate in via definitiva, il diverbio su chi fosse il reale genitore delle bambine, che oggi hanno cinque anni, è scoppiato fino a raggiungere le aule di un tribunale.

MADRE GESTANTE E GENETICA. Helen Black, giudice della corte di Portsmouth, aveva stabilito lo scorso agosto che solo la madre gestante aveva diritto alla custodia delle gemelle: infatti, secondo il Human Fertilisation and Embryology Act del 2008, la madre genetica non ha diritto allo status legale di genitore. Ma la donna ha fatto ricorso a Londra e il 27 marzo tre giudici hanno deciso che la sentenza deve tornare alla corte di Portsmouth per essere revisionata.

LA SEPARAZIONE. Secondo un giudice della corte di appello «non sono stati presi in debita considerazione tutti i fattori rilevanti». Durante i primissimi anni di vita delle gemelle, le due donne si erano già lasciate ma avevano continuato a vivere insieme: la madre genetica sbrigava le faccende di casa e l’altra lavorava. Ma la convivenza «è diventata sempre più tesa» a partire dal 2011 e nel 2012 le donne si sono separate.
Oggi la donna che ha partorito le bambine si è unita in unione civile con un’altra donna, mentre la madre genetica delle gemelle ha partorito un figlio suo con alcuni degli ovuli rimasti dalla precedente donazione.

MALIZIA, EGOISMO, VENDETTA. La madre genetica si è lamentata in aula con l’ex compagna perché «sta cercando di tenermi fuori dalla vita delle gemelline». La replica: «Questa causa è dovuta sola alla sua malizia, al suo egoismo e desiderio di vendetta. L’interesse delle bambine non è la sua priorità». In agosto, durante le udienze, alla fine la madre delle piccole aveva concordato con la madre genetica «contatti sostanziali» con le gemelle, visto che «in passato ha speso molto tempo con loro».
Ma il giudice di Portsmouth, dovendo decidere, ha dato la custodia solo alla madre gestante perché la donna che ha donato gli ovuli «non è un genitore dei bambini e il suo status non dovrebbe essere elevato a quello di genitore». Il giudice si era anche insospettito dopo che la madre genetica aveva proposto «a un giornale di raccontare la sua storia». Secondo la corte di appello di Londra, però, «le ragioni del giudice Helen Black sono deboli e traballanti» e così il caso dovrà tornare indietro.

«INFANZIA AVVELENATA». In un caso complesso come questo spicca come uno scampolo di verità la triste annotazione finale dei giudici londinesi: «Apprezziamo che entrambe le parti pensino di essere motivate dal solo interesse delle bambine, ma l’infanzia dura poco ed è davvero triste vedere che la loro sta volando via mentre tutte le energie sono impiegate dagli adulti per litigare tra di loro. Soprattutto è ingiusto che l’eredità di un’infanzia così avvelenata influenzi, com’è probabile che accada, anche la vita adulta delle bambine».

Leone Grotti

 

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