22/07/2014

Non ha voluto procedere con l’aborto – Continua il linciaggio del medico polacco

Avevamo già parlato di Bogdan Chazan, il medico prolife polacco che, essendosi rifiutato di far abortire una donna, è stato oggetto di ispezioni ministeriali ed infine destinatario di una salatissima multa.

Chazan torna a parlare della vicenda e, intervistato da LifeSiteNews, ripercorre i passaggi centrali di quanto accaduto.

La donna, una 38 enne al quarto aborto spontaneo, intendeva abortire dopo la 22esima il quinto figlio concepito in provetta in quanto –da un esame clinico- sarebbe potuto nascere sfigurato.

Al rifiuto di procedere con l’ aborto , il medico è stato linciato dai media, in un clima generale che non vede di buon occhio l’obiezione di coscienza: “Recentemente, ad uno dei candidati per il ruolo di direttore del dipartimento di ginecologia presso l’Università di Medicina è stato chiesto se avesse firmato la Dichiarazione di Fede/Coscienza –documento prolife, n.d.R.-. Avendo ammesso di averlo sottoscritto, la sua candidatura è stata accantonata.”

Di Chazan stesso è stato chiesto il licenziamento, pur avendo risollevato le sorti dell’ospedale da quando ne è divenuto Direttore. Si aspetta di qui a poco la decisione del Sindaco di Varsavia in merito.

Il medico torna sulle ragioni della sua scelta. Ferma restando la sua motivazione intrinsecamene pro vita che lo porta ad essere un obiettore di coscienza tout court, ricorda due principali problemi collegati a quanto successo: i confini labili del regolamento sull’ aborto in Polonia ed il concepimento in vitro.

La legge polacca, infatti, non stabilisce regole precise in merito a come e quando accedere all’ aborto : trascorsa la 24esima settimana si è di fronte ad una zona grigia dove interrompere o meno una gravidanza attiene principalmente alla discrezionalità del medico curante.

Per il resto, Chazan ammette che un bambino concepito in vitro ha maggiori possibilità di essere malato o avere qualche malformazione “Ma questo non significa che non dobbiamo amare quei bambini. Essi meritano il nostro amore. Essi sono amati da Dio.”

Trova il modo di censurare anche il collega che si è prestato a pubblicizzare l’accaduto sui vari media nazionali: il medico a cui la donna si è rivolta successivamente ha descritto il bambino in modo truce, presentandolo come un mostro: “E ‘molto triste che il mio collega sia stato così crudele con questo bambino, violando la sua dignità e umanità.”

Vi terremo aggiornati sul prosieguo.

Redazione

 

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