22/01/2014

I numeri dei non nati

In Spagna gli aborti sono aumentati del cento per cento in dieci anni: “E’ la prima causa di morte”

Si chiama così, “Ley de Protección de la Vida del Concebido y los Derechos de la embarazada”. Legge di Protezione dei diritti del concepito e della donna incinta. La nuova norma sull’aborto della Spagna è guidata da un calcolo aritmetico: “Ci sono 60 mila aborti di troppo”, denuncia il coraggioso ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, eterno ribelle, brillante, colto, con la passione della musica classica, rappresentante dell’ala progressista dei Popolari, che ha aggiunto: “La vita è un diritto inalienabile”. E ancora: “Questa è la legge più avanzata e progressista fatta dal governo”. Il ministro della Giustizia è figlio di quel José Ruiz Gallardón che nel 1983 diede battaglia proprio alla prima riforma della legge sull’aborto voluta dai socialisti di Felipe González.

Secondo uno studio dell’Istituto per la politica familiare, dal titolo “L’aborto oggi in Spagna 1998-2012”, gli aborti in Spagna sono raddoppiati, diventando “la prima causa di morte” nel paese. Nel 1998 gli aborti furono 54 mila, quattordici anni dopo sono saliti a 118 mila. “Un aumento del cento per cento in dieci anni”. Una gravidanza su cinque oggi in Spagna termina con un aborto, le interruzioni di gravidanza sono 300 al giorno. I dati dimostrano anche che in Spagna l’aborto è stato “normalizzato” e adoperato come sistema anticoncezionale: il numero delle donne che hanno abortito più di cinque volte è aumentato del 213 per cento negli ultimi dieci anni. Secondo l’Istituto per la politica familiare, senza cambi nella politica abortista si arriveranno a superare i 230 mila aborti all’anno nel 2015.

La Spagna oggi è il terzo paese europeo per numero di aborti, dopo Francia e Inghilterra, ma il primo in relazione agli abitanti. Per dirla con le parole del presidente dell’associazione E-cristians, Josep Mirò, “la Spagna è il paradiso degli aborti”. Un paese, usando la formula icastica dei vescovi spagnoli, in cui “una lince è più protetta di una vita umana” (dal 1985 in Spagna si cono accumulati un milione e 350 mila aborti). E’ la guerra attorno al “nasciturus”.

Il gruppo pro life spagnolo Derecho a Vivir, guidato da Ignacio Arsuaga, ha distribuito un poster con il pancione di una donna incinta e la scritta: “Zona libera da pena di morte”. Fra le norme “rivoluzionarie” introdotte dal ministro della Giustizia Gallardòn c’è, infatti, anche l’eliminazione dell’“aborto eugenetico”, come lo ha definito lo stesso Gallardòn con parole inconsuete, ovvero l’interruzione di gravidanza in caso di disabilità del feto. Con la nuova legge, l’interruzione della gravidanza sarà legale soltanto se la malformazione è “incompatibile con la vita”. La sindrome di Down, ad esempio, non rientra fra queste. Per fare un altro esempio, in Spagna si esegue sistematicamente l’eliminazione dei feti portatori di emofilia, anomalia assolutamente compatibile con la vita.

“I disabili devono avere esattamente gli stessi diritti del resto degli spagnoli”, ha detto Gallardón, che dice di ispirarsi al principio di non discriminazione previsto dalla Convenzione dell’Onu per i diritti delle persone con disabilità . “La disabilità in una società avanzata, in una società progressista, non può mai significare una perdita di diritti”, ha detto Gallardòn. “C’è una richiesta formale dell’Onu affinché la Spagna deroghi all’articolo che fa riferimento alle malformazioni nella legge sull’aborto. Sarebbe assolutamente contrario a qualunque principio elementare di difesa della dignità della persona, stabilire diversi livelli di protezione in funzione delle capacità o disabilità delle persone, perché, se si fa con i concepiti, cosa impedisce che poi si possa estendere a chi è già nato”.
Secondo il giornale La Razon, “la nuova legge salverà ogni anno 3.590 bambini”.

di Giulio Meotti

Festini

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