27/10/2018

Nuovo studio sul “gene gay”: niente da fare, non c’è...

Esiste un possibile legame fra il Dna di ogni singolo individuo e l’omosessualità? Se ne dibatte da anni e ora se ne torna a parlare per un nuovo studio che avrebbe individuato quattro varianti genetiche strettamente legate alla preferenza per partner dello stesso sesso. La ricerca che tenta, senza tuttavia riuscirci, di confermare questo legame, è a firma italiana. È stata infatti coordinata da Andrea Ganna, dell’università di Harvard e del Broad Institute, ed è stata divulgata sulla rivista Psychological Medicine.

Lo studio, pur aprendo la possibilità di un collegamento finora non dimostrato a nessun livello scientifico, è alla fine costretto a riconoscere comunque la non esistenza di un “gene gay” portando così, ancora una volta, a smontare la propaganda del mondo Lgbt che si batte da anni per dimostrare come l’omosessualità abbia origine genetica. Ci eravamo già occupati di questo argomento in passato, pubblicando i risultati degli studi del professor Neil Whitehead, che sulla base di un lungo e articolato lavoro durato oltre vent’anni, era arrivato a negare l’esistenza di qualsiasi possibile legame fra omosessualità e Dna. Quindi, sulla base di dette conclusioni, si poteva facilmente affermare che non si nasce gay e non si è costretti a restarlo per tutta la vita. Del resto lo dimostra anche il fatto che tante persone, dopo aver consumato per anni rapporti omosessuali, a un certo punto della loro vita si sono indirizzate verso l’altro sesso, o hanno intrattenuto relazioni con entrambi i sessi. Ma ecco ora questo nuovo lavoro...

Come riporta l’Ansa, «i ricercatori hanno esaminato centinaia di migliaia di dati genetici e comportamentali raccolti da grandi banche di dati genetici, come la britannica Uk Biobank e l’azienda privata americana 23andMe. I dati esaminati riguardano oltre 450.000 individui che riferivano di avere relazioni esclusivamente eterosessuali e oltre 26.000 che avevano avuto almeno un’esperienza omosessuale. Dal confronto dei dati genetici è emerso che alcune varianti genetiche localizzate sui quattro cromosomi 7, 11, 12 e 15 erano più comuni tra gli individui omosessuali. È emerso inoltre che le stesse varianti sono legate a disturbi dell’umore, come depressione e schizofrenia».

Sulla base di questi dati è stato appurato che alcuni disturbi comportamentali e mentali sarebbero molto più diffusi in soggetti che non hanno rapporti esclusivamente eterosessuali. È lo stesso autore a spiegarlo nei dettagli: «Ciò non significa», ha detto Ganna all’Ansa «che queste varianti siano la causa di queste malattie. Piuttosto potrebbe dipendere dal fatto che chi non ha relazioni solo eterosessuali è più soggetto a discriminazioni, e quindi più a rischio di depressione». Ma su un punto l’autore dello studio sembra non nutrire alcun tipo di dubbio: «Non c’è il gene gay. Piuttosto direi che la non eterosessualità è influenzata in piccola parte dalla genetica».

Il tentativo dell’autore di individuare un legame e fornire quindi una motivazione genetica all’origine dell’omosessualità, non è stato accolto positivamente dalla Comunità scientifica. Particolarmente critico al riguardo si è mostrato il genetista Emiliano Giardina, dell’università Roma Tor Vergata. «Dal punto di vista scientifico il comportamento umano è molto difficile da valutare», ha replicato, «lo studio ha delle premesse sbagliate. Vuole infatti trovare una correlazione tra il Dna, che è presente alla nascita, e l’omosessualità, che invece è una scelta libera che si sviluppa dopo in base alle relazioni. Bisogna stare attenti a questo tipo di studi perché vogliono dimostrare che l’uomo è solo il prodotto dei suoi geni. Così si torna indietro».

Il problema è che sostenere la tesi per cui l’omosessualità è una scelta libera delle persone e destinata a svilupparsi attraverso le relazioni, conduce a essere accusati di “omofobia” e questo spiega anche perché tanti ex gay “diventati” eterosessuali hanno paura di raccontare la loro storia. Se si entra nel mondo omosessuale in tarda età, magari dopo essere stati sposati e aver avuto pure dei figli, fare outing è considerato quasi un atto di eroismo, da esaltare e glorificare, mentre è severamente vietato farlo in senso opposto, dichiarando di aver superato la propria omosessualità. Affermare l’assoluta inesistenza di qualsiasi legame genetico, farebbe cadere tutte le ragioni che stanno portando il mondo Lgbt a rivendicare diritti, dal matrimonio alle adozioni, sulla base del presupposto che “gay si nasce e non si diventa”. E sebbene il politicamente corretto stia cercando di uniformare la società a un’unica logica, con la scienza questo tentativo sembra non avere proprio grande successo.

Americo Mascarucci

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