05/03/2016

Obiezione di coscienza alle unioni civili (e non solo)

L’AG del Texas (l’Attorney General: in America corrisponde più o meno al nostro “Procuratore della Repubblica”, un Pubblico Ministero), riporta LifeSiteNews, è stato messo sotto inchiesta per aver affermato che gli impiegati pubblici hanno il diritto a fare obiezione di coscienza alla stipula dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. 

L’obiezione di coscienza in America, rientra nella libertà religiosa, garantita dalla costituzione, ma sappiamo bene che la Gaystapo vede la libertà in modo del tutto soggettivo e particolare.

L’AG Ken Paxton già due giorni dopo la decisione della Corte Suprema del 21 giugno scorso che ha legalizzato il matrimonio gay, aveva emesso un’ordinanza in cui riconosceva il diritto all’obiezione di coscienza nel caso in questione, sia agli ufficiali dello stato civile, sia ai giudici di pace deputati a celebrare le nozze.

Un mese dopa la Gaystapo è entrata in azione e un gruppo di avvocati ha denunciato Paxton al Consiglio Disciplinare del Texas (che inizialmente ha rigettato il ricorso perché non ha rilevato alcuna violazione dell’etica professionale da parte dell’AG).

Anche altri AG, in altri Stati federati, come il Sud Dakota, hanno assunto la stessa posizione di Paxton rispetto all’obiezione di coscienza: ma la vicenda più famosa in materia è il caso di Kim Davis, arrestata per aver rifiutato di firmare una licenza di matrimonio a una coppia gay. Anzi. La Davis aveva chiesto il permesso di rilasciare la licenza senza il suo nome scritto sopra, ma – in stile degno dei bei tempi di Pol Pot – gli è stato negato. (Nel Regno Unito, Lilian Ladele, è stata ‘soltanto’ licenziata, non arrestata).

Del resto la Gaystapo in America si dà da fare: il senatore dell’Oklaoma, Joseph Silk, è stato “cyberbullizzato” e minacciato, anche fisicamente, per aver proposto una legge che consentiva anche agli imprenditori (fiorai, pasticceri, ecc.) l’obiezione di coscienza alle nozze gay: sono infatti diversi coloro che sono stati persino costretti a chiudere e a cambiare lavoro per aver rifiutato di servire matrimoni gay. Per non parlare del caso di Felix Ngole, espulso dall’Università di Sheffild, nel Regno Unito, per aver difeso la posizione di Kim Davis.

Il problema dell’obiezione di coscienza alle unioni civili non è da sottovalutare neanche qui in Italia, se il ddl Cirinnà-Renzi-Alfano giungerà definitivamente in porto. Aveva già protestato a suo tempo il nostro Federico Catani.

Giustamente hanno sollevato il problema con una lettera ad Avvenire anche Mantovano e Introvigne (un giudice e un sociologo): è una grave lacuna dell’orrendo testo normativo che il nostro Parlamento si appresta a varare, quella sull’obiezione di coscienza.

Il maxi-emendamento al comma 2 fissa il rito di costituzione dell’unione fra persone dello stesso sesso con la «dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni»; il comma 28 contiene una delega al Governo perché riveda la materia delle iscrizioni e delle trascrizioni nei registri dello stato civile adeguandoli alle disposizioni della nuova legge. Il termine ‘trascrizioni’ rinvia ai matrimoni contratti all’estero da una coppia dello stesso sesso.

Quesito: che cosa accade al funzionario dell’anagrafe che, non necessariamente per motivi religiosi o etici, aderendo in coscienza al dato di natura richiamato dall’art. 29 della nostra Carta, chiede di essere sollevato dal rito di costituzione ovvero dalla trascrizione delle nozze contratte all’estero? Il dipendente comunale sa che da quella dichiarazione formalizzata davanti a lui deriva un regime giuridico sostanzialmente matrimoniale: può astenersi dal riceverla, proprio perché essa ha carattere ‘costitutivo’, e alla sua formazione egli dà un contributo determinante?

Aggiungiamo noi che anche gli stessi Sindaci potrebbero in coscienza – e laicamente – sentire di violare i propri valori morali nel celebrare i matrimoni omosessuali (o unioni civili che dir si vogliano).

.... La casistica di altre Nazioni non si limita ai funzionari pubblici; include, per esempio, le azioni di danno promosse – e vinte – contro i pasticcieri che rifiutano di confezionare torte che all’ultimo piano raffigurino sposi dello stesso sesso, i fiorai, i fotografi. E il docente che si ostini a spiegare agli alunni che il matrimonio è quello fra un uomo e una donna? 

I due scriventi chiedono che si rimedi alla “dimenticanza”, ma conoscendo i metodi della Gaystapo spalleggiata da tutti quelli che vorrebbero abolire anche l’obiezione di coscienza all’aborto, e da quelli che hanno proposto l’eutanasia legale senza prevedere una clausola di garanzia in tal senso, dubitiamo che la cultura della morte e la dittatura del relativismo consentano di assicurare la tutela di un diritto fondamentale come la libertà di coscienza.

Francesca Romana Poleggi

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